Le dieci balle del China Study



L’assunto su cui si basa l'intero libro è che le proteine animali sono dannose per la nostra salute e un loro consumo eccessivo porta a sviluppare vari tipi di cancro e altre malattie.

 

Dopo aver scroccato finanziamenti a mezzo mondo, Campbell piazza a lavorare accanto a sé mezza famiglia: un figlio a scrivere con lui, l’altra figlia a redarre il manuale di ricette vegane basate sul China Study.

 

Tutto all’insegna dell’etica professionale. Tutto per scrivere un testo zeppo di faziosità e inesattezze, che sarebbe stato più corretto definire “Apologia della dieta vegana”*.

L’autore prende in esame ogni possibile patologia e la collega terroristicamente al consumo di prodotti animali, quando volendo sarebbe possibile fare lo stesso gioco “sporco” all’inverso, con studi che dimostrano che la dieta vegetariana non protegge dal cancro (1) e che questa non sia salutare (2). 


Cita ricerche di altri contestandole perché eseguite sui ratti e non sugli esseri umani, quando le sue stesse ricerche sono eseguite su topi e non su esseri umani.

 

Confonde prodotti animali con prodotti animali ricchi di grasso. Parla di carne e di cheeseburger come fossero la stessa cosa. Mette il latte e il gelato alla stessa stregua. Poi passa ignobilmente a deridere Atkins (uno dei primi a promuovere la dieta iperproteica) definendolo «un uomo obeso, iperteso e cardiopatico [...] uno dei più ricchi ciarlatani di tutti i tempi». Il che sarebbe come definire lui (Campbell) un vecchio rachitico piuttosto che giudicare il “China Study” per quello che è. Un disastro.

 

La faccio breve e riassumo in dieci punti le maggiori sciocchezze dell’opera. Le dieci balle di Campbell. 

 

 

#1

Campbell sostiene che le proteine animali siano cancerogene, in modo particolare la caseina, una delle proteine del latte. Invece le proteine vegetali sarebbero “sane”

 

L'osservazione parte da uno studio indiano del 1968 (3) in cui somministrando a dei ratti un cancerogeno (l’aflatossina) e una dieta composta per il 20% da proteine (un livello analogo a quello consumato da molti di noi), l’incidenza del cancro era superiore a quella di altri ratti la cui alimentazione era composta per il 5% da proteine. 

In realtà non rivela un particolare. Il grano è carente in lisina, un aminoacido essenziale. Se la lisina viene aggiunta al frumento, questo diventa un promotore del cancro potente quanto la caseina. Ciò era stato scoperto dallo stesso Cambell nel 1989 (4) e bassamente taciuto. 

In quella seconda ricerca ci si era accorti che le diete a basso contenuto proteico davano maggiore tossicità acuta all’aflatossina: "The tune to tumor emergence was increased with low protein feeding" ("Il ritmo dell’insorgenza del tumore è stato aumentato con l'alimentazione a basso contenuto proteico"). Al punto che ricercatori hanno dovuto smettere di dare ai ratti aflatossina a metà esperimento perché il cinquanta per cento di quelli nel gruppo a basso contenuto proteico era già morto, mentre tutti i ratti del gruppo ad alto contenuto proteico erano vivi.

 

Ma Campbell ci era arrivato ancora prima. Un articolo del 1972 (5) iniziava così: “Una carenza di proteine nella dieta ha dimostrato di aumentare la tossicità dell'aflatossina nei ratti”.

Già questo sarebbe sufficiente a invalidare l’intera ricerca. Ma c’è dell’altro. Esistono decine e decine di studi che indicano come la caseina (arricchita di selenio) riduca l'incidenza e la progressione tumorale (6).

 

Il latte arricchito di selenio è consigliato addirittura come efficace supplemento durante la chemioterapia (7). Attenzione, è il selenio additato di poter frenare il tumore; ma è addizionato alla caseina, che dunque non fa alcun danno.

 

Questo non riguarda solo la caseina ma anche l’altra proteina del latte, il siero, le cui componenti proteiche (lattoferrina su tutte) hanno evidenziato potenziale anticancro (8). 

 

E altri studi ancora (per di più cinesi!) confermano che pure il consumo di derivati del latte non è associato con un aumento dell’incidenza del cancro, né gastrico (9) né ovarico (10).

 

La conferma viene dagli Avventisti del Settimo Giorno, latto-ovo-vegetariani che dunque non mangiano carne, ma latte e uova sì e hanno una delle aspettative di vita più alte al mondo (11).

 

 

#2

«I cibi di origine vegetale non contengono colesterolo e contribuiscono in vari altri modi ad abbassare la quantità del colesterolo prodotto dal corpo».

 

Falso. Gli animali (come l’uomo), al contrario dei vegetali, sono incapaci di ricavare glucosio dagli acidi grassi, ma possono fare l’inverso, ossia trasformare i glucidi in lipidi.

 

Se mangiamo troppi carboidrati, l’eccesso viene convertito in Acido Palmitico, un grasso capace di elevare il colesterolo. Ciò significa che anche con una dieta totalmente priva di colesterolo, ma abbondante in carboidrati, la colesterolemia può aumentare. 

 

Il glucosio fornisce tutte le molecole necessarie per sintetizzare il colesterolo. Non occorre dunque necessariamente assumere grosse quantità di colesterolo perché questo aumenti nel sangue, perché anche un’alimentazione ipercalorica-iperglucidica può farlo.

 

 

#3

Campbell sostiene che «un prolungamento della vita riproduttiva è associato a un maggior rischio di cancro al seno».

 

Ne deduce che «proteine animali e grassi aumentano gli ormoni sessuali».

 

Si convince che «una dieta vegetariana abbassa i livelli di estrogeno e riduce di 8-9 anni la vita fertile».

 

E così ne conclude che «ABOLENDO LE FONTI ANIMALI SI RIDUCONO GLI ORMONI, SI RIDUCE LA VITA RIPRODUTTIVA E SI RIDUCE IL RISCHIO DI CANCRO».

 

Intanto si dimostra uno scriteriato a consigliare di puntare a ridurre la fertilità a una donna che già di suo procrea in età sempre più avanzata. Ma al di là di ciò viene ancora una volta smentito dalla letteratura, che dimostra “nessuna associazione significativa fra l’assunzione di carne o latticini e il rischio di cancro al seno” (12).

 

 

#4

«Adottare diete a elevato contenuto di proteine e di grassi porta a depositare le calorie sotto forma di grasso corporeo. Al contrario, le diete a ridotto contenuto proteico e lipidico fanno sì che le calorie siano “disperse” sotto forma di calore corporeo»

 

Falso. La proteina ha un effetto termico tre volte maggiore rispetto a grassi o carboidrati (13). Si parla di termogenesi indotta dalla dieta (TID). E guarda caso, le proteine cosiddette "complete", cioè derivanti da fonti animali, inducono una maggiore TID rispetto a quelle "incomplete", cioè quelle vegetali (14). 

 

 

 

#5

Campbell afferma: «Grassi e calorie in eccesso possono essere responsabili di patologie».

 

Si autoconvince che i prodotti animali sono nocivi ed emette la sentenza: «Le proteine fanno male».

 

Ancora una volta vengono tirati in ballo latte e carne, come se in ogni caso non esistessero il latte scremato e la carne magra. 

 

Per dare un tono scientifico a quest’ennesima inesattezza tira in ballo una ricerca del 1946 per «determinare la relazione fra l’apporto di grassi e l’incidenza di aterosclerosi»: cento pazienti sopravvissuti all’infarto, 50 mantengono la dieta abituale e 50 una dieta sperimentale con ridotto consumo di grassi e di colesterolo (circa 60 grammi di carni magre per pranzo e altri 60 grammi di carni magre per cena). Dopo dodici anni ogni singolo paziente del gruppo di controllo era morto; nel gruppo a dieta, invece, diciannove persone erano ancora vive.

 

Ancora una volta arriva alla conclusione che «mangiando meno cibi di origine animale si vive di più». Non è che per caso si trattava della logica conseguenza dell’averli messi a dieta riducendo l'eccesso di grassi e colesterolo della tipica dieta americana?... 

 

 

#6

«Consumare cibi che contengono una quantità di colesterolo superiore a 0 mg non è salutare».

 

Su questa mi rifiuto anche di soffermarmi.

 

 

 

#7

Campbell raccomanda vegetali a tutto spiano contro l'osteoporosi, omettendo ogni riferimento a fitati e ossalati.

 

Si tratta di composti presenti negli alimenti vegetali, che imprigionano i sali minerali rendendoli indisponibili all’assorbimento attraverso un meccanismo detto chelazione. È un fattore non di poco conto soprattutto in età di crescita perché può inibire l’assorbimento di sostanze preziose come calcio, ferro e zinco.

 

Gli ossalati hanno un’azione inibente specifica sul calcio: lo imprigionano formando dei cristalli di ossalato di calcio che possono dar luogo a calcoli renali. Motivo per il quale chi soffre di calcolosi dovrebbe fare molta attenzione al consumo di alimenti ricchi di ossalati (spinaci, barbabietole, melanzane, peperoni verdi...). 

 

Particolari del tutto omessi da Campbell.

 

 

#8

Campbell sostiene che «il rischio di ammalarsi di Alzheimer è tre volte maggiore fra i soggetti i cui livelli di omocisteina nel sangue sono alti».

 

Spiega che «l’omocisteina è un amminoacido che deriva principalmente dalle proteine animali».

 

E ne conclude che «le proteine animali favoriscono l’Alzheimer»!

In realtà, meno carne = più omocisteina = più eventi cardiovascolari.

 

Questo potrebbe spiegare il cosiddetto “paradosso asiatico”, ossia un’incidenza relativamente alta di eventi cardiaci, malgrado i bassi livelli di colesterolo LDL e la bassa prevalenza dell’obesità, in vegetariani dell’India che consumano una dieta alta in carboidrati raffinati (riso) e relativamente povera in proteine animali. 


Certamente occorre un contemporaneo apporto di vegetali (soprattutto a foglia verde crudi) per raggiungere livelli adeguati di acido folico. Ma l’omocisteina tende ad alzarsi soprattutto se scarseggiano alcune vitamine del gruppo B (B2, B6 e B12 in particolare) e lo zinco, tutti elementi presenti nel mondo animale.



#9

Campbell parla della «tipica sensazione di sonnolenza dopo un pasto iperproteico».

 

Falso. È vero semmai il contrario: la pasta abbiocca, con le proteine non si chiude occhio. I culturisti a dieta lo sanno bene.

 

Succede perché il glutine della pasta si complessa con la morfina naturalmente prodotta dal corpo umano. Così facendo si forma un composto denominato gluteomorfina (15), che si lega ai recettori per gli oppiacei presenti nel cervello causando le tipiche sensazioni postprandiali: torpore, piacere, riduzione dell’ansia... e abbiocco. Questo è uno dei motivi per cui un bel piattone di pasta a cena ci manda a letto felici e sognanti, mentre mangiando solo proteine si ha difficoltà a prendere sonno.

 

 

#10

L'ultima è la più bella. Cambell afferma che «i radicali liberi possono portare a danno alla macula». Vero.

 

Poi va avanti e spiega che «il consumo di antiossidanti può proteggere da questi danni». Vero anche questo.

 

Prosegue precisando che «i cibi di origine vegetale, ricchi di antiossidanti, tendono a prevenire questi danni». Accidenti, vero anche questo. Vuoi vedere che stavolta non libera un’altra boiata?


Ma alla fine non delude e ci rifà: «Gli alimenti di origine animale sono privi di antiossidanti e tendono ad attivare la produzione di radicali liberi, perciò SE MANGIATE CIBI ANIMALI INVECE DI QUELLI VEGETALI POTRESTE RITROVARVI CIECHI»!

 

Una sorta di ritorno all'anatema dei preti da oratorio contro la masturbazione. Non fai come ti dico io? E io ti infondo il terrore. Proprio un bel metodo educativo, non c'è che dire.

 

Si tratta della solita distorsione della realtà. È vero ad esempio che molecole presenti nel regno vegetale come luteina e zeaxantina prevengono la degenerazione maculare senile, ma questo cosa c’entra con la nocività delle proteine animali? Basta ricordarsi di consumare una dose quotidiana di alimenti vegetali ricchi di antiossidanti e la questione finisce lì.

 

 

Il paradosso è che lo stesso Campbell nel libro scrive che «Mangiare dovrebbe essere un’esperienza piacevole e priva di preoccupazioni, e non basata sulla privazione». Proprio lui che incita a privarsi in maniera radicale di metà mondo alimentare.

 

Alla fine del libro si chiede: «Ritengo che i dati accertati da The China Study costituiscano una prova assoluta?» e lui stesso si risponde «CERTAMENTE NO».

 

Prima dovevi scriverlo, Campbell, all’inizio del libro, non alla fine! Così qualcuno poteva risparmiarsi questo inutile supplizio. 

 

 


* In realtà Cambell ammette: “Il mio più grande errore in tutto questo processo può essere stata la nostra acquiescenza alla scelta dell'editore per il titolo il nostro libro. Abbiamo suggerito 200 titoli possibili, non uno dei quali era "The China Study". Ma quando abbiamo obiettato, ha detto che avevamo già firmato il contratto e questo era nel suo diritto e responsabilità”.

 

 

 

 

 

Bibliografia

 

  1. Bhattacharya S et al, Colorectal cancer: a study of risk factors in a tertiary care hospital of north Bengal, J Clin Diagn Res, 8 (11), 2014
  2. Burkert NT et al, Nutrition and health - The association between eating behavior and various health parameters: a matched sample study, PLoS One, 9 (2), 2014.
  3. Madhavan, T.V. e Gopalan, C., “The effect of dietary protein on carcinogenesis of aflatoxin”, Arch. Path., vol. 85, 1968, 133-137.
  4. Schulsinger DA, Root MM, Campbell TC, Effect of dietary protein quality on development of aflatoxin B1-induced hepatic preneoplastic lesions, J Natl Cancer Inst, 81 (16), 1241-5, 1989.
  5. Mgbodile MU, Campbell TC, Effect of protein deprivation of male weanling rats on the kinetics of hepatic microsomal enzyme activity, J Nutr, 102 (1), 53-60, 1972.
  6. McIntosh GH, Royle PJ, Lesno S, Scherer BL, Selenised casein protects against AOM-induced colon tumors in Sprague Dawley rats, Nutr Cancer, 54 (2), 209-15, 2006.
  7. Warrington JM, Kim JJ, Stahel P, Cieslar SR, Moorehead RA, Coomber BL, Corredig M, Cant JP, Selenized milk casein in the diet of BALB/c nude mice reduces growth of intramammary MCF-7 tumors, BMC Cancer, 13, 492, 2013.
  8. Parodi PW, A role for milk proteins and their peptides in cancer prevention, Curr Pharm Des, 13 (8), 813-28, 2007.
  9. Sun Y, Lin LJ, Sang LX, Dai C, Jiang M, Zheng CQ, Dairy product consumption and gastric cancer risk: a meta-analysis, World J Gastroenterol, 20 (42), 15879-98, 2014.
  10. Liu J, Tang W, Sang L, Dai X, Wei D, Luo Y, Zhang J, Milk, yogurt, and lactose intake and ovarian cancer risk: a meta-analysis, Nutr Cancer, 67 (1), 68-72, 2015.
  11. Fraser GE, Associations between diet and cancer, ischemic heart disease, and all-cause mortality in non-Hispanic white California Seventh-day Adventists, Am J Clin Nutr, 532S-538S (70 suppl.), 1999.
  12. Missmer SA et al, Meat and dairy consumption and breast cancer: a pooled analysis of cohort studies, Int J Epidemiol, 78-85 (31), 2002.
  13. Binns A, Gray M, Di Brezzo R, Thermic effect of food, exercise, and total energy expenditure in active females, J Sci Med Sport,  18 (2), 204-8, 2015. 
  14. Westerterp-Plantenga et al, Dietary protein, weight loss, and weight maintenance, Annu Rev Nutr, 29, 21-41, 2009.

  15. Fukudome S, Yoshikawa M, Gluten exorphin C, A novel opioid peptide derived from wheat gluten, FEBS Lett,  316 (1), 17-9, 1993.

 

 

 

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