La dieta degli eschimesi
Gli eschimesi artici (Inuit) sono l’esempio di come l’espressione “mangiare un po’ di tutto” tanto in voga nel nostro paese sia di per sé senza senso e anche potenzialmente pericolosa.
Carnivori pressoché integrali (carne di caribù, balena, foca e in parte minore pesce, uccelli e uova), se un popolo come il loro seguisse questo principio sarebbe a forte rischio, così come infatti lo sono gli eschimesi esposti improvvisamente alla dieta di tipo moderno.
Ci si preoccupava che un regime così radicale potesse essere carente in micronutrienti, invece si è appurato che gli Inuit sono coperti sotto ogni aspetto nutrizionale.
Il fosforo e il ferro sono abbondanti nella carne; le vitamine A, D ed E e i grassi essenziali nel pesce azzurro. La stessa vitamina C proviene da alimenti come il fegato di foca crudo, e ciò sopperisce all’assenza di vegetali freschi nella loro dieta.
Inoltre il loro genotipo si è evoluto per accumulare grasso non viscerale ma sottocutaneo (la cui composizione è influenzata dai lipidi della dieta, ricca in grassi polinsaturi), fondamentale per la protezione dal freddo.
Ora però gli eschimesi devono fare i conti con la globalizzazione. Quelli rimasti nelle loro terre hanno dovuto fronteggiare l’arrivo degli europei e delle diete di questi. E ciò li ha esposti soprattutto a ipertensione per il rapido ingresso del sale nella loro alimentazione; non a diabete perché pur essendo aumentati di peso, il grasso accumulato è stato principalmente di origine sottocutanea, e non viscerale, come da impostazione genetica e permanenza nell’habitat originario.
Quelli migrati invece si sono imbattuti nell’alimentazione dei paesi di arrivo e hanno sperimentato le conseguenze peggiori sul profilo metabolico. Sono ingrassati, e questa volta il tessuto adiposo non è stato sottocutaneo ma viscerale, perché è venuta meno l’esigenza di proteggersi dal freddo; di conseguenza, oltre all’ipertensione, questi hanno sviluppato anche diabete.
Ed è comprensibile come una volta assaggiata la varietà della dieta occidentale gli Inuit abbiano finito per abbandonare la propria, basata su carne cruda, dura e sgradevole per via della ricchezza in grassi polinsaturi che tendono a irrancidire velocemente.
C’è comunque da dire che anche quelli migrati ed esposti alla dieta moderna non sembrano sviluppare diabete (anche se manifestano un profilo salutistico più basso), a patto che mantengano i loro abituali livelli di attività motoria. Altri invece pur mantenendo l’attività fisica abituale vedono aumentare il proprio Bmi.
Anche l’osteoporosi è in aumento, non tanto per l’assenza del latte (sono intolleranti al lattosio) quanto per altri due motivi. Il primo è la perdita dell’abitudine a masticare ogni parte delle loro prede, ossa comprese.
Ma quello più importante è stato l’attuale carenza di vitamina D, derivante dalla grande diminuzione di grassi e oli di pesce nella loro dieta; si consideri che gli eschimesi vivono molto coperti per proteggersi dal freddo, per cui non riescono a captare al meglio i raggi solari che consentirebbero di compensare la carenza dietetica aumentando la sintesi endogena di vitamina D3.
Inoltre si è aggiunto un altro problema: l’aumento dell'assunzione di fosfato per via dell’ingresso della Coca-Cola (acido ortofosforico), che si è andata ad aggiungere alle grandi quantità di carne, ricca di fosforo (gli Inuit sono i più grandi consumatori di carne al mondo: dai 250 ai 400 grammi al giorno).
Il fosforo aumenta il fabbisogno di calcio per mantenere i due minerali nel giusto bilancio (1:2), e se quest’ultimo non viene apportato a sufficienza dall’alimentazione rischia di essere prelevato dal deposito principale, ossia l’osso.
Quando si parla di “dieta varia ed equilibrata” spesso non si sa ciò che si dice. È un’espressione che viene utilizzata a proposito. Gli effetti di una dieta “varia ed equilibrata”, per come noi intendiamo questa espressione, sono devastanti su un popolo come quello Inuit che per secoli ha mantenuto uno spettro alimentare assai ristretto.
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