Zebre e leoni
Tutti, uomini e animali, possiamo soffrire di stress. Ma c’è una differenza sostanziale tra noi e loro. Gli animali in natura soffrono di un tipo di stress acuto. Zebre e leoni sono l’esempio più lampante: il leone sperimenta lo stress da carestia, da fame, la zebra prova lo stress da pericolo, da attacco.
Attacco o fuga. Dopodiché o finisce lo stress o si avviano a morte. In tal modo è garantita una corretta alternanza tra fase di stress e fase di recupero.
Questo fin quando zebre e leoni stanno liberi in natura. Quando invece finiscono in uno zoo o in un circo lo stress cambia, cioè diventa cronico.
Questo non succede solo a zebre e leoni: i trichechi in cattività vanno in depressione, gli uccelli in gabbia staccano o perdono le loro piume, i cani tenuti in casa soffrono di ansia da separazione dal padrone.
In queste condizioni lo stress porta a una sequela di eventi a senso unico: entrano in depressione, mangiano poco, dunque vanno in malnutrizione, infine muoiono.
L’uomo è diverso dagli animali in natura ed è più simile a quelli in cattività, perché va incontro più facilmente a stress cronico, di tipo soprattutto psicologico. Prendiamo il classico esempio lavorativo in cui ci si porta a casa il lavoro e il nervosismo che ne consegue. La risposta allo stress rimane attiva durante tutto il giorno e quella immunitaria soppressa, e allora ecco che possono insorgere le malattie da stress.
L’obesità è una di queste, ecco perché io raccomando sempre di tenere a freno l’ansia. Pesarsi tutti i giorni, più volte al giorno, avere fretta di dimagrire, crucciarsi di non aver perso peso, angosciarsi di dover mangiare "sempre le stesse cose"... in queste condizioni non si dimagrisce pur seguendo pedissequamente la dieta.
Dieta e sport sono due strumenti di coping a nostro favore, cioè due mezzi con cui possiamo far fronte allo stress. Tantissime molecole alimentari aiutano a spegnere l’infiammazione generata dallo stress. E l’attività fisica aiuta a contrastare l’ossidazione.
Ma dieta e sport possono fare questo fin quando essi stessi non diventino fonti di stress a loro volta, altrimenti da ANTI-ossidanti rischiano di diventare PRO-ossiddanti.
E questo ad esempio può riguardare quei soggetti che si immergono nello sport senza adeguata preparazione (quelli che il presidente della regione Campania De Luca chiamava “cinghialoni” che sotto lockdown correvano all'impazzata per strada).
Oppure lo possiamo osservare nelle donne che praticano attività agonistica: scendono sotto un certo livello di grasso corporeo e sperimentano il blocco del ciclo mestruale, con infertilità, osteoporosi precoce e tutto ciò che ne consegue (triade della donna atleta).
Quindi, in definitiva, l'attività fisica può fare bene e fare male. Ma a quel punto che si fa, si proibisce lo sport perché esiste la possibilità che possa fare male? Sì, qualche medico ragionerebbe probabilmente ragionerebbe in questi termini, come quando di fronte ad un problema di anoressia molto spesso raccomandano di non fare sport.
È un modo di ragionare sbagliato. Sia la donna che fa sport che l'anoressica nervosa hanno amenorrea, ma per motivi diversi e in entrambi i casi non ha senso vietare l'attività tout court. L’importante è affrontare lo stress con gli strumenti idonei, ossia una preparazione atletica e un’alimentazione/supplementazione adeguati. La stessa amenorrea della donna atleta non è una conseguenza inevitabile della pratica sportiva, è solo il frutto di una condizione particolare e correggibile.
Quello che conta non è l’eliminazione dello stress, ma la sua gestione.
Tratto dalla mia tesi per il Master di II livello in Stress, Sport e Nutrizione, conseguito presso la Sapienza di Roma.
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