Dr. Giuseppe Musolino
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www.musolino.jimdo.com
Cosa succede se un essere umano perfettamente sano decide di mangiare per 30 giorni esclusivamente nei Mc Donald’s?
Gli aurei archi di McDonald’s rischiano di crollare. A farli vacillare è il nuovo film documentario “Super size me”, firmato Morgan Spurlock, regista nonché protagonista del film. L’idea è venuta a Spurlock nel 2002, quando due ragazze sovrappeso di New York avevano provato a denunciare la catena di fast food, fallendo perché non erano riuscite a provare che quell’alimentazione fosse dannosa per la salute (1). Con queste premesse, Spurlock ha così messo in piedi il primo McHorror nella storia del cinema, che come una mannaia si sta abbattendo sulla gloriosa multinazionale. L’idea è interessante e originale, ma cerchiamo di guardare dentro al film in questione per capire quanto ci sia di vero e quanto invece sia da sempre forzatamente imposto come verità.
Il film
Per prima cosa, il protagonista si sottopone ad un rigoroso check-up medico. “Lei è perfettamente sano. Anzi, ha il corpo e la salute di un vero atleta”, dichiarano i medici.
Fig. 1 Una scena del film, in cui il protagonista si sottopone ad un check-up medico prima di iniziare il suo esperimento.
Inizia allora l’esperimento, con Spurlock che antepone tre regole:
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consumare solo i cibi disponibili nei McMenu per tre volte al giorno (colazione, pranzo e cena);
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evitare i menu "maxi" (“Super size”), a meno che non gli fossero offerti dal personale di McDonald’s (cioè quasi sempre);
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una volta ordinato il suo pasto, avrebbe dovuto farlo fuori completamente, anche a costo di rimettere (come infatti accade nel film già al secondo dei 30 giorni).
Il tutto, per trenta giorni, e in venti fra le città più popolose degli USA. Tre esperti - un cardiologo, un nutrizionista e un gastroenterologo - seguono l’esperimento. “Che cosa succederà al mio corpo?” - chiede Spurlock ai medici, che ottimisticamente prevedono: “Non molto, forse si alzeranno un po’ il colesterolo e i trigliceridi…”.
E l’esperimento ha inizio.
Fig. 2 Morgan Spurlock inizia la sua prova.
I risultati saranno spaventosi. Dopo cinque giorni, il suo peso è aumentato di tre chili e si fanno vivi i primi sintomi: senso di oppressione al petto ed emicrania. Poi, settimana dopo settimana, la situazione peggiora: iperglicemia, ipercolesterolemia, iperuricemia, aumento delle transaminasi, calo della libido. In un crescendo kafkiano, che spinge l’attore sempre più verso una posizione orizzontale, alla fine dei trenta giorni il peso acquistato sarà quasi 10 chili, con i medici che gli intimano di sospendere il test, sentenziando: “Se continua così, rischia di morire”. Ma il nostro eroe decide stoicamente di portare a termine l’esperimento, e allora i medici lo avvertono di star pronto a correre in ospedale non appena dovesse avvertire un formicolio o un dolore al petto. Il test giunge così a conclusione e il progressivo decadimento fisico di Spurlock diviene il pretesto per un atto d’accusa contro il mondo McDonald’s.
Fig. 3 Il crollo di Spurlock. I medici lo avvertono: “Fermi l’esperimento o potrebbe morire presto!”.
Le conseguenze sul mercato
L’attacco è talmente accanito che lastessa McDonald’s, pur senza ammetterlo esplicitamente e rifiutando ogni incontro con Spurlock, si è vista costretta a modificare i propri menù (2). Ecco allora il viraggio verso le insalatone mediterranee, accompagnate da un contapassi in regalo (1). Perché noi siamo un popolo di salutisti, perbenisti e benpensanti, che a casa propria spazzola “la qualunque”, ma quando esce a mangiare fuori vuole il cibo “sano”. Allo stesso modo, il formato “Super Size” è stato eliminato dai menù dei McDonald’s. Dietro proteste (3), sono state finalmente inserite le informazioni nutrizionali sulle confezioni dei vari panini (anche se le stesse, con un’oculata scelta di marketing sono state posizionate sulla base delle confezioni e, per evitarne un’esplicita lettura, sono stati utilizzati richiami colorati dei macronutrienti). Ma non è ancora tutto, perchè si richiedono anche restrizioni d’uso nei bambini (3).
I luoghi comuni
Non mi sono mai piaciute certe forzature. Perciò, invettive asettiche rivolte al McDonald’s, quali lo sfruttamento del lavoro, la distruzione dell'ambiente, la fame nei paesi del Terzo Mondo, il massacro di animali - come fosse solo il Mc la causa dei mali del mondo -, lasciano il tempo che trovano.
Pur apprezzando l’idea, certi spunti risultano palesemente spinti (surreale quello dei bimbi dell’asilo che scambiano Gesù per George Bush, ma riconoscono sempre Ronald McDonald). Se il proposito era quello di un esperimento scientifico, lo stesso risulta forzato e obliato di un pò troppe variabili. Perché mai mangiare per trenta giorni consecutivi (e per tre volte al giorno!) nello stesso posto e allo stesso modo? Allora propongo di rifare lo stesso esperimento e con le stesse modalità in un qualunque altro ristorante, facendo fuori per tre volte al giorno i pasti proposti dallo chef di turno.
"I lavoratori dei McDonald’s sono sottopagati"? Venite a farvi un giro nelle palestre a vedere quanto sono retribuiti (e in nero) gli istruttori. "Il personale cerca di rifilarvi le versioni Super Size”? E che dovrebbe fare? I McDonald’s sono un’impresa, ergo puntano al maggior guadagno. O forse conoscete qualche altra ditta che miri agli interessi dell’acquirente e non ai propri? "La maggior parte dei dipendenti dei McDonald’s sono persone che hanno scarse possibilità di trovare lavoro"? Non è vero. Conosco tanti laureati che vi lavorano. Il problema è che non c’è lavoro neanche per i bi-laureati. E meno male che almeno il Mc ne offra un po'. "I lavoratori dei McDonald’s sono obbligati a sorridere”? Dovrebbe essere un imperativo per chiunque abbia rapporti col pubblico. "Il ricambio del personale è frequentissimo e ciò rende impossibile sindacalizzarsi e lottare per i propri diritti"? Si legga al punto delle palestre di cui sopra.
Poi, le filippiche contro il maltrattamento degli animali, “costretti a vite artificiali, rinchiusi in piccolissimi box, privi di libertà di movimento, di sole, di aria… ancora completamente coscienti quando viene tagliata loro la gola”. Ma pensate che questa sia un’esclusiva dei McDonald’s? Come credete che sia stata trattata e uccisa la tenera fettina di vitello che avete mangiato a pranzo?
È sempre la solita storia: si stava meglio quando si stava peggio, il nero lo abbini su tutto, Venezia è bella ma non ci vivrei, la cinquecento la parcheggi dove vuoi…
Il sensazionalismo
Certo, per far parlare di un argomento (e di sé) è questo il modo giusto. E perché ciò dia i suoi frutti è necessario che ci si procuri una folta schiera di contestatori. E infatti già si muovono le prime controreazioni. Così, in risposta a Spurlock, negli stessi USA, è partito l’esperimento inverso: una donna si è autoinflitta i suoi 30 giorni di dieta McDonald’s (il relativo documentario - “Me and Mickey D” - è già uscito negli Stati Uniti nel Maggio 2005), sostenendo di aver perso più di quattro chili e di aver abbassato il colesterolo di 40 punti (ma i detrattori già contestano, sostenendo che la protagonista abbia perso peso prima ancora che la dieta avesse inizio…).
The dark side of the Mc
Ma è proprio così deleterio mangiare da McDonald’s? A conferma del fatto che molte delle accuse sono frutto dei sopraindicati luoghi comuni, sono recentemente emersi alcuni dati in letteratura. Una ricerca attualissima, ad esempio, ha comparato il contenuto in calorie e grassi di dieci diversi tipi di ristoranti, e il McDonald’s è risultato solo al settimo posto (4).
Un altro studio medico recente ha rivelato che anche il problema dei grassi trans, la cui assunzione cronica è notoriamente associata a rischio di malattie cardiovascolari, sta migliorando nei McDonald’s: almeno in alcuni paesi, la pressione sociale ha infatti portato i fast-food a ridurne il contenuto nei loro prodotti, come le patatine fritte (5).
Conclusioni
In definitiva, è scorretto il clima terroristico creato intorno al solo McDonald’s. Spurlock è stato l’epigono più celebre di una corrente che aveva già mietuto numerosi proseliti. Marchiare come esempio negativo il solo McDonald’s, come fosse l’unico responsabile dei mali del mondo, mi sembra un modo comodo di trovare a tutti i costi un capro espiatorio del nostro malcostume alimentare. Non è sopprimendo i Mc che si risolverà il problema dell’obesità.
Naturalmente, il fast food non è l’esempio del mangiar sano. Inoltre, parliamoci chiaro, se vi ci si reca, è per mangiare “il panino”, non l’insalata: come è stato riportato in un recente articolo sul "Chicago Sun-Times", “può darsi che andare da McDonald’s e mangiare come si deve sia possibile, ma è come andare in uno strip bar per il tè freddo”. Come sempre, equilibrio è la parola d’ordine: nessuno è obbligato ad andarci ed eventualmente si decida di farlo, non è detto che ci si debba recare per forza quotidianamente e per tre volte al giorno!
BIBLIOGRAFIA
1. Rebecca Coombes, McDonald's profits drop and Mars abandons king size bars, BMJ, 329 (7470), 820, 2004.
2. Spencer EH, Frank E, McIntosh NF, Potential effects of the next 100 billion hamburgers sold by McDonald's, Am J Prev Med, 28 (4), 379-381, 2005.
3. Bagaric M, Erbacher S, Fat and the law: who should take the blame? J Law Med, 2 (3), 323-339, 2005.
4. Yamamoto JA et al, Adolescent calorie/fat menu ordering at fast food restaurants compared to other restaurants, Hawaii Med J, 65 (8), 231-236, 2006.
5. Katan MB, Regulation of trans fats: the gap, the Polder, and McDonald's French fries, Atheroscler Suppl, 7 (2), 63-66, 2006.