Quando l’abulia è un’offesa.
Boarding pass
Un giorno qualunque. Mi trovo in aeroporto in attesa del volo quando incontro sulla mia strada una donna. La guardo bene e noto che porta un sondino nel naso, sistemato con discrezione dietro l’orecchio. Il tubicino andava poi a finire in una borsa che la poveretta portava con sé. Penso a un’ammalata, mi rattristo un po’ e mestamente proseguo per la mia strada. Ma non faccio in tempo a percorrere una ventina di metri che subito me ne ritrovo davanti un’altra conciata allo stesso modo. Mi insospettisco, mi guardo intorno e ne vedo altre ancora. Saranno state almeno una quindicina, alcune erano in gruppo tra loro. C’era anche qualche uomo intubato. Comincio a pensare a una pandemia, a un’evasione di massa da qualche ospedale, a una gita fra malati. Non riesco davvero a capire. Noto però che c'è un particolare che li accomuna: sono tutti più o meno obesi. Resto attonito per qualche istante, dopodiché devo andare. E me ne vado. Ma continuo a pensare a quella scena, fino a che qualche giorno dopo, guardando quel ritrovo dell’italica intellighenzia che è “Porta a Porta”, ho la rivelazione: quelle persone portavano il sondino naso-gastrico per dimagrire! Resto più attonito di quando la scena mi si era presentata in aeroporto. Mentre in Italia si discute se utilizzare o meno la nutrizione artificiale nei malati in stato terminale o vegetativo (vedi il caso di Eluana Englaro o quello di Piergiorgio Welby, solo per citare i più tristemente noti), c’è chi col sondino… ci gioca alla dieta!
U-tube
La tecnica è chiamata “Nutrizione Enterale Proteica” (NEP) o “Nutrizione Enterale Domiciliare” (NED) oppure ancora “Nutrizione Enterale Chetogena” (NEC). Noi la chiameremo Nec. Si infila un tubo nel naso, lo si spinge fino allo stomaco e vi si collega una pompa che somministra h24 una miscela proteica, la quale per due settimane costituisce l’unico nutrimento introdotto. Poi si toglie il sondino e… che Dio ve la mandi buona! Nel senso che, come in ogni metodo ideato per dimagrire, manca il presupposto fondamentale per definire il reale successo terapeutico (il mantenimento nel tempo del risultato), cioè l’educazione nutrizionale che consenta poi la gestione dell’eventuale calo di peso ottenuto. Perciò: o si sa da sé come gestirsi dal punto di vista alimentare oppure, appunto, si è nelle mani del Signore. Altrimenti, più semplicemente, si ripaga e ci si rifà intubare.
Il tutto pare sia partito con un semplice passaparola: una donna che utilizzava la Nec per motivi seri (di salute) era dimagrita e aveva ben pensato di far sperimentare la stessa tecnica alla figlia, completamente sana, ma con qualche chilo in più. Questa viene intubata come fosse anche lei una malata, dimagrisce e da lì la notizia si diffonde a macchia d’olio. Già, perché il lato ancora più subdolo della faccenda è che il sondino salta subito agli occhi e fa sì che ci si incuriosisca, ci si informi e si prosegua la catena.
Fly flop
Alcuni pazienti raccontano storie talmente surreali da sembrare incredibili: «Dopo un viaggio in aereo di oltre seicento chilometri, sono tornata a casa stanca, sconcertata e digiuna, piena di dubbi ma allettata dai risultati promessi… e mio marito mi accoglie in questo modo: “Ma come ti sei conciata? Ma ti sei vista?! Ma non ti vergogni a farti vedere così dal bambino? Lo spaventi, SEMBRI UNA MALATA TERMINALE! Chi è questo genio che ti ha conciato così?... Sicuramente è candidato alla ribalta di Striscia la Notizia!”. Ho pianto tutta la notte, anche perché non si può dormire con questo coso nel naso e nelle orecchie. Mio marito è andato in un'altra stanza. Risultato: sono stata “neccata” di sabato, l'ho tenuto la domenica e lunedì sono stramazzata al suolo dopo una forte tachicardia».
Altri dichiarano di vegetare fra letto e bagno perché di più non riescono a fare. Altri ancora accusano una perenne sensazione di nausea: «Ho messo il sondino, sono stato il penultimo, dopo ore e ore di fila estenuante. Mentre tentavano di inserirmelo, mi è venuto da rimettere quattro volte. Ma alla fine ci siamo riusciti. Non so come sia andata a voi, ma a me il sondino dà proprio fastidio, e non nel naso, ma nella gola (anche se ho bloccato il tubo esterno con spille, nastro adesivo e cerotti... manca la sparachiodi e la colla a caldo dopodiché ho provato di tutto per bloccarlo). Spesso mi viene da rimettere per via della sgradevole sensazione che provoca l’attrito del sondino con le pareti della gola, e non è una bella cosa… So che quasi tutti entro un’ora si abituano, e invece io sono qua, alle 2:49 a cercare conforto nei forum a questa sensazione di voltastomaco».
La dieta del galeotto
Alcuni si giocano le ferie per non farsi vedere al lavoro “neccati”. Oppure si fanno ospitare da qualche amica-complice per la durata della terapia; si tratta solo di avere a disposizione un alloggio, al vitto pensa la pompa. A volte, anche l’amica pensa alla pompa. Dopo il posizionamento del sondino, escono dallo studio medico bardati come Fantozzi quando, in malattia, evadeva da casa per andare al circo: sciarpone strategico tirato fin sotto gli occhi, cappottone con bavero alzato, occhiali scuri anche di notte, atteggiamento dimesso e circospetto. Biglietti di ritorno già comprati in precedenza in modo da non dover fare la coda alla biglietteria, posto in treno vicino al finestrino, così che il tubicino sia su quel lato. E, una volta arrivati a casa, due settimane filate di arresti domiciliari, con visite degli amici più stretti stile degenza ospedaliera e uscita solo per l’ora d’aria quotidiana (passeggiata dietro casa), imbacuccati come sopra. Tosse e starnuti strategici quando si incrocia altra gente del paese, a simulare la temutissima influenza suina, ché a nessuno salti in mente l’idea di avvicinarsi; la simulazione degli starnuti e della tosse è semplice, basta muovere un po’ il tubicino e vengono da sé. «Poi però se ti viene da ridere a vedere le facce terrorizzate, girati dall’altra parte altrimenti ti sgamano!», raccomanda un’utente su un forum. «Ti posso assicurare che la gente non ti calcola nemmeno presa com’è dai fatti propri, e se poi qualcuno ti fissa o ti chiede qualcosa tu gli rispondi che sei malato terminale e vedrai come si zittisce! Ahahahaha», risponde un’altra. Un tempo, simili idiozie sarebbero state circoscritte al circolo sotto casa. Oppure l’autore, per portarne a conoscenza gli altri, avrebbe dovuto scriverle sui muri. Con internet invece, chiunque può trovare asilo in un forum e liberare la propria bestialità impunemente.
Hard to say I'm sorry
La Nec consiste insomma in una specie di flebo portatile. Insieme alla soluzione proteica si somministra un antiacido e un lassativo, questo perché una simile dieta di sole proteine è acidogena (con rischio ulcera gastrica e osteoporosi, giusto per dirne due), chetogena (e quindi ulteriormente acidificante e debilitante) e costipante (perché non ci sono fibre e si rischia il blocco intestinale).
«Non ci sono controindicazioni», dicono i medici. Ma come non ci sono controindicazioni?! Avete rotto i coglioni una vita ai culturisti con la solfa che le diete iperproteiche fanno male, e ora, siccome vi torna utile, d’un tratto fanno bene?! Ma perdio, un minimo di coerenza! Per non parlare della qualità proteica delle soluzioni impiegate (proteine del latte, proteine della soia) vendute ad un prezzo che un culturista ci farebbe un’intera stagione agonistica.
Ancora, ci avete stremato con la storia che gli integratori (i “beveroni”, li avete sempre chiamati, senza sapere neanche cosa contenessero) facessero male, e ora cosa utilizzate? Gli stessi “beveroni”: gli integratori di proteine!
Sarebbe un bel gesto quantomeno chiedere scusa.
Check-in
Per di più, sui forum diversi pazienti lamentano la totale mancanza di indagini preliminari atte ad accertare la buona salute da parte degli stessi. In un’intervista per l’Espresso, lo stesso medico invitato a “Porta a Porta” spiega: «L'alimentazione proteica, senza calorie, determina uno stato di acidosi cronica: il paziente è come un bambino con l'acetone che gli toglie l'appetito [...] Così non soffre la fame e, per il fabbisogno calorico quotidiano, attinge ai suoi depositi di grasso. Che cominciano a ridursi». (1) Ora, io vorrei che il dottore mi chiarisse - dacché l’affermazione è virgolettata - perché mai questa alimentazione sarebbe priva di calorie e perché mai toglierebbe l’appetito. Quella dei chetoni che tolgono la fame è una teoria che rimane sulla carta. Maestro, le porto qui un’orda di culturisti imbarbarita da qualche settimana di chetogenica: provi a dirlo a loro che una dieta del genere toglie la fame, le assicuro che avrà la riprova dell’esistenza dell’antropofagismo. L’acetone è un chetone. E i chetoni sono metaboliti tossici, che a lungo andare determinano una condizione tale da rendere inquieto il più paziente dei pazienti: debolezza, fatica, nausea, emicrania, vertigini, confusione, irritabilità, ansia. Insomma, è una situazione da cui stare alla larga. E le spiego perché con un esempio.
L’inedia da coniglio
Mangiare solo proteine fa sì che queste siano “sprecate” per funzioni energetiche. Questo, ad esempio, è da sempre un problema in alcuni popoli di cacciatori costretti a nutrirsi solo di specie animali troppo magre per consentire di evitare lo “spreco proteico”. In Australia, ad esempio, i Pitjandjara, dopo aver abbattuto un canguro, lo controllano e, se non rinvengono tracce di grasso, possono anche lasciarlo intatto, perché sanno che corrono il rischio di debilitarsi e persino di morire se cedono ad un consumo eccessivo di sola carne magra. (2)
La storia narra di un esploratore di nome Vilhjalmur Stefansson, che dopo alcuni anni di convivenza con gli Eschimesi, imparò a mantenersi in salute mangiando solo carni crude, ma grasse. Questo perché aveva imparato a riconoscere la cosiddetta “inedia da coniglio” (in certe zone, la preda più facile era il coniglio selvatico, animale dalle carni particolarmente magre): «Chi passi improvvisamente da una dieta a normale contenuto di grassi ad una dieta di sola carne di coniglio aumenterà progressivamente, col trascorrere dei giorni, l’assunzione di cibo, sinché, dopo circa una settimana, si troverà a mangiare, in termini di peso, una quantità di cibo tripla o quadrupla di quella iniziale. Nello stesso tempo presenterà sintomi di inedia e di intossicazione da proteine. Nonostante pasti molto numerosi non si sentirà mai sazio, soffrirà di dilatazione dello stomaco a causa del troppo cibo e incomincerà ad avvertire un senso di vaga agitazione. In capo a una settimana o al massimo dieci giorni farà la sua comparsa la diarrea che non scomparirà a meno che non si assuma del grasso. Dopo alcune settimane potrà seguire il decesso». (3)
Ultima chiamata
Non è così che si combatte il fenomeno dell’obesità. Anzi, così lo si continua ad alimentare. Io non condanno a priori la tecnica, né chi l’ha pensata né chi la utilizza su di sé. Critico la superficialità con la quale la stessa viene richiesta e messa in atto. Lo so bene che l’obesità è un problema grave e che c’è gente disperata per ciò, ma sapete come si dice: ognuno conosce i propri polli. Io conosco i miei, e vi posso assicurare che dal punto di vista dietetico la maggior parte dei soggetti obesi, per la propria condizione fa pochissimo. Dal punto di vista dell’attività fisica, poi, fa meno di pochissimo. Il nulla più assoluto. Le cose vanno più o meno così. Vengono a visita, pretendono la dieta scritta, la ottengono, non la seguono, gli si raccomanda di fare attività fisica, non la fanno, tornano al controllo, non sono dimagriti e concludono con un patetico: «Mah, non capisco, secondo me io ci ho il metabolismo lento». E se chiedi «Ma signora, ha fatto attività fisica come le ho raccomandato?», ti adducono le scuse più trite: «Ho tre figli», «Non ho tempo», «Non ho le scarpette». Roba che ti verrebbe da chiedere: «Ma mi scusi, gliel’ho chiesto io di fare (tre!) figli?». Ma tanto è inutile, che tu glielo chieda o meno, la fine è sempre la stessa: l’apostasia.
Capolinea, scendere tutti.
L’Autore si dissocia da quanto da lui espresso nell’articolo.
BIBLIO-GATE
1. “In linea con la Ned”, articolo di Maria Simonetti, L’Espresso 23, 151, 06 giugno 2008.
2. Harris M, Good to Eat: Riddles of Food and Culture, Illinois: Waveland Press, 1998.
3. Stefansson V, Artic manual, New York, 23, 1944.