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La dieta delle banane nella terra dei cachi.
“Mi avete preso per un coglione?”
(Lino Banfi)
Ball-one
Di qualunque settore si tratti, la gente vuole ottenere successo in due modi: subito e, soprattutto, senza soffrire. E già questo è spesso irrazionale, quando poi si parla di forma fisica il discorso tocca vette assolute di surrealismo. Siamo tutti ossessionati dalla ricerca di una formula magica nascosta dietro chissà quale espediente. Basta analizzare alcuni degli stratagemmi alimentari più in voga, per rendersene conto: ettari di verdure divorati prima dei pasti per cercare di smorzare la fame; fiumi d’acqua bevuti prima di mangiare per riempire lo stomaco; pompelmi per “sgrassare” i baccanali; ananas, seitan, açai, tè verde, tè bianco, tè rosso, tè nero… Te-neteli! L’ultima tendenza è addirittura quella di buttar giù un sorso d’olio prima del più incontrollato sbivacco culinario (come aperitivo, diciamo): “il cibo ingerito non viene captato dall’organismo, insomma brucia i grassi”, ti dicono convinti.
Dal punto di vista dietetico, non soffrire significa poter dimagrire senza patire la fame, quindi non privarsi di alcunché. Prendete ad esempio quello che propongono molti dei famigerati test per le (presunte, molto presunte) intolleranze alimentari: individuano due o tre alimenti da eliminare ed autorizzano a poter mangiare tutto il resto in qualunque quantità.
Vi piacerebbe, eh?...
Fig. 1 Il pieno d’olio prima di mangiare.
Pacco…
Solo uno sprovveduto potrebbe pensare che una cosa del genere possa essere possibile. Ma i più furbi hanno capito che, per loro fortuna, di ingenui ce ne sono a sufficienza. E continuano a (de)nutrire le loro attese. Un popolo in aspettativa. Una nazione eternamente a dieta, ma che “ce piace de magna e beve”. Prestate attenzione all’indirizzo che ha preso il mercato in questi ultimi anni. Creme dimagranti, massaggi dimagranti, alghe, fanghi. Idroterapia, crioterapia, cromoterapia. Elettrostimolatori, pedane tremanti, fasce vibranti, raggi laser, lame rotanti. Frullati. Completamente. Non ci siamo fatti mancare niente. Fateci caso, tutti questi strumenti hanno alla base sempre lo stesso concetto: promettere un risultato senza richiedere fatica.
Venti trattamenti a 500 euro, pacchetto completo. Anzi, proprio un bel “pacco”.
… doppio pacco…
Stesso discorso per l’attività fisica. Qualche anno fa ci fu l’exploit degli elettrostimolatori. Chi non se li ricorda? All’ora di pranzo (l’ora ideale per accalappiare telespettatori in abbiocco catatonico) passava in tv un culturista che ti assicurava che con quella roba addosso saresti diventato contemporaneamente più magro, più grosso, più tonico, più forte, più bello, più giovane, più ricco e più alto. E tu l’hai comprato.
La stessa cosa ti era successa quando anni prima avevi acquistato la total gym, un concentrato di tutti gli attrezzi reperibili in palestra. Tre settimane di utilizzo e poi è andata a fare compagnia nel sottoscala all’ab-roller.
Ora è il momento della pedana vibrante. E tu la proverai.
… e contropaccotto
Nel campo degli integratori va anche peggio. Ho assistito personalmente all’epopea dell’antani posterdati (per due): diosgenina, inosina, smilax officinalis, dioscorea, acido ferulico, gamma orizanolo, ginseng, pappa reale, clorofilla, pepe nero, fieno greco... Hanno cercato di rifilare la salsaparilla all’atleta, figurarsi quello che possono fare a una casalinga rintronata. Come rubare le caramelle ad un bambino.
Ormai hanno capito di aver a che fare con un manipolo di accidiosi alla continua ricerca di una scorciatoia. Un’afflizione = una “medicina”: le anfetamine per sopprimere la fame, il botulino per riempire i “vuoti”, la liposuzione per svuotare i “pieni”, le anfetamine per dimagrire, lo stilnox per dormire, la coca per svegliarsi, il viagra per alzarci, l’alcol per parlarci e il prozac per riderci su e ingannare la morte. Aldous Huxley lo aveva ipotizzato nel suo “Brave New World”: un mondo reso farmacologicamente perfetto, in cui le emozioni vengono annichilite da un impasticcamento nazional popolare.
Su molti prodotti “naturali” si può leggere “questi ingredienti sono innocui”, e a me viene da pensare: excusatio non petita, accusatio manifesta…
Waterproof
La gente non vuole annoiarsi, non vuole sudare. Badate, ho detto “sudare” nel senso di faticare, non nel senso letterale del gocciolare, perché sudare, quello sì che lo vogliono: quello per la maggior parte delle persone è sinonimo di efficacia. Non a caso, prima del boom dei succitati vibratori, fu la volta di saune, bagni turchi e sudorine. Chi non ricorda la storia dei sacchetti per la spazzatura utilizzati come caloriferi per “bruciare” il grasso? Le buste venivano indossate sotto maglia di lana, keeway, pile, plaid, vestaglia, babbucce e minestrina. Questo anche sotto la canicola d’agosto. Modello “cipolla”, a strati. Fuori caldissimo, dentro liquefatto. Acquaman.
Light my… fat
“Bruciare i grassi”. Per chi ha ambizioni a lavorare nel settore, questa è una frase da tenere sempre ben presente. Prendete l’uomo comune (meglio, la donna: ha più presa), vi dirà che vuole qualcosa per “bruciare i grassi”. Non gliene può importare di meno dei vostri discorsi sulla termogenesi adattativa, sull’attivazione adrenorecettoriale o sugli esperimenti lipolitici condotti sul maiale cavia della nuova guinea: lei non vuole altro, fosse una pillola, una dieta o un accendino, lei vuole il “bruciagrassi”. Associate all’articolo in questione la rassicurazione che non sia necessaria alcuna privazione alimentare (il massimo sarebbe sostenere anche che non serva eseguire dell’attività fisica) e affibbiategli un nome esot(er)ico: si trattasse anche di grattachecche, avrete ottenuto un’esca perfetta.
Quel “bruciagrassi” altro non è che un sostegno psicologico alle proprie illusioni. Il pozzo dei desideri, la fontana dell’eterna giovinezza, l’elisir di lunga vita, la bacchetta magica. Capito questo, potete andare avanti; non capito questo, cambiate mestiere.
Attaccati alla banana
Il mondo è un grande acquario, dove i più furbi stanno sopra a pescare e i poveri cristi sotto trascorrono la propria vita a difendersi da ami e barracuda. Hanno provato a rifilarci di tutto, dalla dieta dei colori a quella in bianco e nero, da quella del fantino a quella del cavallo, da quella del gruppo sanguigno a quella delle sanguisughe. Ci hanno venduto la fontana di Trevi. Ci verrebbero su delle barzellette che nemmeno quelle sui carabinieri. Roba che ti chiedi: ma esistono veramente persone che possano abboccare a queste fesserie? E purtroppo la risposta è sì. D’altra parte, se c’è gente che affolla esaltata le piazze ai convegni politici, non vedo perché non dovrebbe esserci qualcuno che creda ai maghi, agli oroscopi, agli ufo, al paradiso e alle pozioni dimagranti.
Ogni volta, un fallimento. Per chi ci è cascato, chiaro, non certo per chi l’ha proposto. Chi l’ha proposto ha fatto i soldi e poi è sparito. O meglio, si è riciclato. Magari ora sta vendendo sarchiaponi ai giapponesi. E i giapponesi sono venuti qua (ci mancavano solo loro...), e non trovando altro cui appigliarsi, si sono attaccati… alla banana.
Banzai!
Banània
C’era da aspettarselo. Che arrivassero a ri(n)filarcela per vie traverse, c’era da temerlo. D’altronde, la silhouette anatomica doveva pur farcelo presagire che fine potesse fare. Ma forse eravamo troppo distratti da altri sarchiaponi, per arrivare a sospettare la raccapricciante verità: la banana, mangiata, può farci... dimagrire!
Pensavo di aver visto tutto, quand’ecco levarsi dal Sol Levante Sumiko Watanabe e la sua banana. Non fate cattivi pensieri: Sumiko è una donna, una farmacista per l’esattezza, che ha dato la banana a suo marito Hitoshi… cioè, non è che la banana si sia levata a Sumiko, è che l’ha presa suo marito… la banana… voglio dire, Sumiko ha fatto pompa della ban… uffa, insomma, Sumiko ha ideato la dieta della banana. Avete capito ora? No? E ora ve la spiego nel dettaglio, allora: voi prendete una banana al mattino, accompagnata da una bella tazza di acqua tiepida, la masticate lentamente (la banana, mi raccomando, non la tazza - quella potete anche masticarla velocemente), poi durante il resto della giornata mangiate quello che volete quanto ne volete come lo volete sempre se volete, e... vola-vola-vola, voilà: sarete dimagriti! Come non ci credete?! Hitoshi così ha perso 15 chili… Allora siete in malafede!
Pearl (Harbor)
Detta così, questa dieta potrebbe sembrare una “bananalità”. Ma a ben vedere, lo è molto di più di quello che possa apparire. Sì, perché a quanto sopra detto vanno ad aggiungersi altre perle di Sumiko ancora più fars-“esche”. Regole dietetiche di un’ovvietà disarmante. Elementari norme di educazione alimentare, che, se osservate, possono di per sé portare ad un dimagrimento. Innanzitutto mangiare lentamente (molto lentamente, mi raccomando, sennò l’effetto svanisce), poi evitare alcuni cibi, come ad esempio i gelati (tutto, ma i gelati no!), cenare entro le 20, meglio se alle 18 (ditelo a un calabrese, che a quell’ora sta finendo di pranzare…), non consumare altro dopo la cena (sentitevi liberi di chiamare un amico e parlare di banane, disegnare banane, parlare con le banane, ma non mangiatele!) e andare a letto prima di mezzanotte (altrimenti il sogno finisce e Cenerentola ritorna povera).
Arigato, Sumiko.
Nippo democracy
Ora, scherzi a parte, uno dei motivi per cui si ingrassa è che si sta spesso svegli fino a tardi e, per compensare l’ansia derivante dalla mancanza di sonno, si finisce col mangiare in continuazione (mangiatori emotivi): dunque, mi pare lapalissiano che se si va a dormire presto, si mangia di meno. Elementare, Watanabe!
Ma la chicca finale è il “banfiano” sigillo a quanto sopra detto: "l’esercizio fisico va fatto solo se si ha voglia" (sono però consigliate delle rilassanti passeggiate a piedi, durante le quali si è liberi di pensare alle banane). Che vi avevo detto?
Sul sito della banana-diet vi offrono un pacchetto “Gold” ed uno “Platinum” (una sorta di “contropacchetto”), rassicurandovi: “You can go to your favorite restaurant and order whatever you want”.
Mi chiedo come tutto ciò possa non rientrare a pieno titolo nel reato di abuso di pubblica credulità. Questo è il prezzo che paghiamo per la libertà di parola.
Bananassi
Sincrasando “pubblica credulità”, viene fuori “pubblicità”: proprio ciò che Sumiko è riuscita a farsi su ‘sta banana. Ha trovato un testimonial in un popolare cantante che ha affermato di aver adottato la dieta perdendo quasi sette chili in sole sei settimane, e il giorno dopo il fenomeno è esploso. La CBS ed il quotidiano StarTribune l’hanno fatta analizzare da più nutrizionisti, e finanche testate autorevoli come il Time, il Post, il New York Daily New e l’austero Huffington Post si sono interessati al caso.
E in seguito a tutto questo clamore, non poteva certo mancare il saggio sulla banana (dopotutto, se l’ha scritto Cassano, un libro, non vedo perché se ne dovesse privare la buona Sumiko). E così ecco subito sfornato l'instant book sulla banana-diet in pochi mesi hanno venduto oltre 750 mila copie. 750mila copie, ponete anche che l’autrice becchi un solo euro per ogni copia venduta... riuscite a capire cosa significhi tradotto dal bananese, vero?
In Giappone c’è stato un boom nella vendita delle banane (+70%). E da lì, la razzia si è sparsa in tutto il mondo, tanto che alcuni cominciano a parlare di razionamento del frutto. Non si trova più una banana neanche su YouPorn! E chiaramente lo tsunami giapponese è arrivato pure da noi, che dopo pompelmi, ananassi e cetrioli, figurarsi se non ci prendevamo in cu... ra anche “l’unico frutto dell’amor”. D’altronde si sa, tanto scivola la banana…
La terra di Moravia nelle mani di una cricca di ortolani.
True lies (ball… too)
Bisogna riconoscere che ci sono anche fatti nutrizionali alla base di questa sopravvalutazione della banana, ma ognuno di questi può prontamente essere confutato da un’altrettanta documentata evidenza scientifica. Ad esempio, è vero che gran parte degli amidi di cui è composto il frutto sono “resistenti” (1): passano cioè nel tenue senza essere digeriti, quasi intatti, e come tali vengono eliminati. Questo abbassa anche l’indice glicemico dell’alimento (2), ma è innanzitutto in relazione al grado di maturità del frutto: una banana ancora piuttosto acerba presenta fino all’82% di questo tipo di amido, al contrario una più matura ne può possedere anche solo un misero 3%, mentre tutto il resto è zucchero disponibile (e ricordiamo che la banana ha un contenuto in zuccheri, e quindi in calorie, mediamente doppio rispetto a quello di altri frutti). E poi gli stessi amidi “resistenti” si possono facilmente ritrovare anche in altri alimenti di uso comune, quali patate, mais, grano e fagioli (3). Perché mai dunque esaltare le sole banane?
FOS…se vero!
È vero anche che le banane sono una fonte di fruttooligosaccaridi (FOS), composti chiamati prebiotici (4) perché nutrono i batteri probiotici presenti nel colon (non è un caso che per correggere eventuali periodi di irregolarità intestinale venga di prassi raccomanda la cosiddetta dieta “BRATT”, composta da banane, riso, mele, tè e cibi tostati: Banana, Rice, Apple, Tea, Toast). Ma gli stessi FOS sono presenti in altri cibi, come aglio, cipolla, carciofi, asparagi, avena, segale, orzo, cicoria, pomodoro (5).
È altrettanto vero che le banane contengono fibre (soprattutto cellulosa e pectina), che riempiono lo stomaco conferendo sazietà, ma le stesse si ritrovano ugualmente in una larga gamma di altri alimenti vegetali (6).
È ancora vero che gli enzimi presenti nelle banane sono benefici per disturbi come la gastrite o l’ernia iatale (stimolano infatti la secrezione di muco a livello del rivestimento dello stomaco, che in questo modo si protegge da un eccesso di acidità interna) (7), ma non se ne capisce il razionale, dal momento che nella banana-diet è permesso di mangiare di tutto, ivi compresi alcol e cibi fritti, altamente irritanti e citolesivi.
Senza contare, infine, che una libagione di banane potrebbe pericolosamente aumentare i livelli ematici di potassio (8), il che potrebbe rivelarsi estremamente pericoloso in individui con compromissione della funzionalità renale.
Ball “tree”
Alla luce di tutto ciò, c’è allora da chiedersi il perché di tanto rumore per una banana. Di nuovo, perché enfatizzare tanto proprio quel frutto, quando gli stessi vantaggi potrebbero essere ottenuti adottando molto più semplicemente un’alimentazione varia e razionale? La risposta può essere ricercata in due osservazioni.
Innanzitutto, è da considerare che, dato il maggior apporto calorico rispetto alla media degli altri frutti, le banane sono sempre state poco consigliate in un regime dietetico, anzi per certi versi anche demonizzate, vietate. E dunque volete mettere la liberalizzazione del “frutto proibito”, il suo fascino esoterico, il magnetismo dell’albero divino, la subliminale evocazione del giardino dell’Eden? Come Eva ha imparato a sue spese, tutto ciò che è negato è irresistibile.
E poi, è più facile mangiare una banana sapendo che dopo si potrà non badare ad altro, che ridurre le porzioni, pesare il cibo, pianificare i pasti, portare il pranzo al lavoro…
Game over
La fine dei giochi è iniziata quando la scienza ha cominciato a dirci cosa è buono da mangiare e cosa no. Da allora, siamo diventati ossessionati con le calorie e coi cibi “velenosi” e “miracolosi”. Un cerchio senza centro. È una visione distorta che non fa altro che autoalimentare l’errore.
Lo scopo primo di un programma dietetico non deve essere quello di far dimagrire, ma quello di poter essere adottato come stile di vita, ossia mantenuto per sempre. E non sono così sicuro che mangiare banane a colazione sia qualcosa che si possa fare per il resto della propria vita. C’è un solo modo per cui la banana potrebbe effettivamente aiutarvi a perdere peso: trovate un negozio che sia almeno a tre chilometri di distanza da casa vostra, raggiungetelo a piedi, acquistate una banana, bevete un bicchiere d’acqua, mangiate la banana e poi ritornate a piedi a casa.
L’unica cosa positiva di questa dannata dieta della banana è che il prezzo degli ananassi è calato.
Sol levante.
BANANOGRAFIA
1. Bello-Pérez LA et al, In vitro digestibility of banana starch cookies, Plant Foods Hum Nutr, 59 (2), 79-83, 2004.
2. Lintas C et al, Effect of ripening on resistant starch and total sugars in Musa paradisiaca sapientum: glycaemic and insulinaemic responses in normal subjects and NIDDM patients, Eur J Clin Nutr, 49 Suppl 3, S303-6, 1995.
3. Cummings JH, Beatty ER, Kingman SM, Bingham SA, Englyst HN, Digestion and physiological properties of resistant starch in the human large bowel, Br J Nutr, 75 (5), 733-47, 1996.
4. Lehmann U, Jacobasch G, Schmiedl D, Characterization of resistant starch type III from banana (Musa acuminata), J Agric Food Chem, 50 (18), 5236-40, 2002.
5. Tsen JH et al, Fermentation of banana media by using kappa-carrageenan immobilized Lactobacillus acidophilus, Int J Food Microbiol, 91 (2), 215-20, 2004.
6. Happi Emaga T et al, Dietary fibre components and pectin chemical features of peels during ripening in banana and plantain varieties, Bioresour Technol, 99 (10), 4346-54, 2008.
7. Lewis DA, Fields WN, Shaw GP, A natural flavonoid present in unripe plantain banana pulp (Musa sapientum L. var. paradisiaca) protects the gastric mucosa from aspirin-induced erosions, J Ethnopharmacol, 65 (3), 283-8, 1999.
8. Hainsworth AJ, Gatenby PA, Oral potassium supplementation in surgical patients, Int J Surg, 6 (4), 287-8, 2008.