Dr. Giuseppe Musolino
musolino.press@email.it
www.musolino.jimdo.com
Dalla cannabis alla nuova molecola per il dimagrimento.
Sistema dei cannabinoidi endogeni
Nel suo “Poema dell’hashish”, Baudelaire biasima la droga (“lo stato di grazia può essere raggiunto con altri mezzi che non riducano l’uomo in condizioni così bestiali”). E io ora vi darò un motivo in più per tenervene alla larga.
La cannabis, il cui principale costituente psicoattivo è il tetraidrocannabinolo (THC), è stata usata sin dall’antichità per il trattamento di più affezioni, come il dolore, l’artrite reumatoide, l’epilessia, i disturbi alimentari ecc. (1). I suoi derivati psicoattivi, come l’hashish e la marijuana (l’hashish contiene 8 volte più THC della marijuana), definiti cannabinoidi esogeni, si legano a specifici recettori presenti nel corpo umano.
Nell’uomo, esistono simili neutrasmettitori lipidici che, fisiologicamente, si legano in maniera selettiva agli stessi recettori a cui si legano i cannabinoidi esogeni. Per la loro affinità con quest’ultimi, tali neurotrasmettitori sono noti con il nome di endocannabinoidi ed i relativi recettori sono chiamati Cb-1 (cannabinoid receptor 1) e Cb-2 (cannabinoid receptor 2). L’insieme di questi mediatori lipidici con i relativi recettori e i connessi meccanismi di sintesi, trasporto e degradazione, costituiscono il cosiddetto sistema endocannabinoide (2).
I recettori Cb-1 sono quelli che ci interessano maggiormente. Si trovano nel cervello, nell’ipotalamo, nell’ipofisi, nel tratto gastro-intestinale, nel fegato, nel tessuto adiposo e forse anche nei muscoli (3). I Cb-2, invece, sono espressi da cellule e tessuti che costituiscono il sistema immunitario (4).
Sintesi, rilascio e degradazione
A differenza di altri neurotrasmettitori, gli endocannabinoidi non vengono immagazzinati in vescicole ma sono sintetizzati a partire da precursori fosfolipidici di membrana. Una volta prodotti (su richiesta), vengono immediatamente rilasciati dalla cellula, andando a legarsi ai recettori cannabinoidi presenti su cellule limitrofe o sulla stessa cellula che li ha prodotti, comportandosi così come mediatori autocrini o paracrini (difatti, non si riscontrano in circolo). Espletata la loro azione biologica, gli endocannabinoidi verranno inattivati mediante meccanismi di degradazione (idrolisi) o di riciclo (reuptake).
Il primo endocannabinoide ad essere identificato è stato l’anandamide (1992), che produce effetti simili a quelli della cannabis (il suo nome deriva dal sanscrito “ananda” e significa felicità): infatti, legandosi al recettore cannabinoide, mima gli effetti psicoattivi dei cannabinoidi della cannabis stessa (anche se è meno potente ed ha un tempo d’azione più breve di quello del THC). Allo stesso tempo, l’anandamide aumenta il tasso di lipogenesi (5).
Azioni generali degli endocannabinoidi
Come la cannabis, il sistema degli endocannabinoidi è coinvolto nella modulazione di molti meccanismi di regolazione dell’organismo, dal dolore (6) alla memoria (7), dall’appetito (8) alla dipendenza dalle droghe (9).
Anche il controllo della funzione riproduttiva sembra essere influenzato, tramite modificazione del rilascio di gonadotropine, del desiderio sessuale e della fertilità (3).
Pare che le donne presentino una maggior sintesi di anandamide in corrispondenza del loro ciclo mestruale, con livelli più alti nel periodo di ovulazione.
Fame chimica
Ma quello che ci riguarda più intimamente è la proprietà del THC e di altri agonisti dei recettori cannabinoidi di aumentare notevolmente l’appetito (1, 10) e di influenzare il comportamento alimentare (10). Anzi, fanno più che aumentare semplicemente l’appetito: sono in grado di scatenare la cosiddetta “fame chimica”.
Allo stesso modo, gli endocannabinoidi, oltre alle qualità succitate, hanno effetti anche sul piano nutrizionale e metabolico: infatti, regolano l’assunzione di cibo, il bilancio energetico e il metabolismo di grassi e zuccheri (11, 12). Il sistema degli endocannabinoidi modula le proprietà “appaganti” del cibo: nell’ipotalamo, infatti, i recettori Cb-1 e gli endocannabinoidi sono parte integrante della rete che controlla l’appetito e l’assunzione di cibo (3, 13).
Il sistema si attiva durante un periodo di digiuno (anche breve, ad esempio saltando un pasto), aumentando il senso di fame (la leptina tende a diminuire) e indirizzando inconsciamente verso cibi altamente “palatabili” (14). Una volta reintrodotto il cibo, il sistema si disattiva e la fame si placa. Ciò non avviene in molti soggetti obesi: l’obesità (come pure il fumo e l’assunzione di alcol) è infatti associata all’iperstimolazione del sistema, che in questi soggetti riceve continui stimoli e rimane iperattivo (13).
Allo stesso modo, consumare ripetutamente cibi grassi e calorici sembra determinare un aumento dei cannabinoidi endogeni, col risultato di un aumentato desiderio di cibi ipercalorici. In un circolo vizioso, questi alimenti producono un senso di gratificazione molto alto, generando iperfagia e conseguentemente un maggior rischio di obesità e patologie connesse.
L’azione è distribuita su più livelli, con differenti conseguenze: nel cervello porta a mangiare e a fumare di più; sull’ipotalamo e sul tratto gastro-intestinale accresce il senso dell’appetito; nel tessuto adiposo e nel fegato stimola l’attività della lipoprotein-lipasi, che è un enzima lipogenico; nei muscoli diminuirà l’assorbimento del glucosio, favorendo la resistenza all’insulina (5, 14, 15).
Studi su topi mutanti che tendono all’obesità e su roditori obesi hanno infatti dimostrato che il loro sistema degli endocannabinoidi rimane perennemente attivo in alcune aree cerebrali che regolano il controllo della fame (14). Al contrario, topi privati del recettore Cb-1 mostrano ipofagia, minor introito di cibo, riduzione della massa grassa e del peso corporeo (16, 17).
Dieta e sistema degli endocannabinoidi
Nel fegato, una dieta alta in grassi conduce ad incremento dei recettori Cb-1 e di anandamide per diminuita attività del principale enzima (FAAH) responsabile del catabolismo degli endocannabinoidi (18). La stimolazione dei Cb-1 epatici aumenta anche l’espressione del fattore di trascrizione SREBP-1c (19) e degli enzimi ad esso associati (ACC1 e FAS), con aumento della lipogenesi (17).
Allo stesso modo, anche nell’ipotalamo la stimolazione dei Cb-1 attiva SREBP-1c e FAS, i quali conducono ad una risposta iperfagica verso pasti iperglucidici seguenti un periodo di digiuno (20).
La sollecitazione di questo meccanismo regola anche le concentrazioni plasmatiche degli ormoni associati con il metabolismo e la nutrizione (insulina, leptina e adiponectina) e, com’è noto, l’alterato livello di questi ormoni può influenzare negativamente il comportamento alimentare ed il metabolismo. Ad esempio, l’aumento dei livelli di leptina conduce a diminuzione delle concentrazioni degli endocannabinoidi nell’ipotalamo e conseguentemente inibisce il comportamento alimentare.
Rimonabant
Da quanto finora esposto, si può dunque concludere che il blocco dei recettori Cb-1 porta a riduzione del peso corporeo (13).
Così, col proposito di bloccare tali recettori, un nuovo farmaco è stato realizzato. Si tratta del Rimonabant (nome commerciale "Acomplia"), un antagonista selettivo dei recettori dei cannabinoidi che può bloccare i meccanismi appena esposti, conducendo a prevenzione dell’iperfagia (20).
All’inizio, l’intenzione era quella di combattere certe dipendenze, in modo particolare da alcol e fumo. Negli ultimi anni si è invece allargato il potenziale raggio d’azione, estendendolo anche al campo nutrizionale, ambito in cui il Rimonabant suscita grande interesse anche perché attualmente ci sono solo altri due farmaci per la perdita di peso a disposizione (Sibutramina e Orlistat).
Il farmaco non ha effetti sul senso del gusto, ma porta ad una significativa diminuzione dello stimolo della fame, cui fa seguito una discreta perdita di peso (8, 12, 21), che pare non venga successivamente recuperato. Contemporaneamente, agendo sul grasso viscerale (fattore di rischio importante per il profilo cardiovascolare), sul fegato, sul pancreas e sul muscolo scheletrico, sembra poter determinare anche altri benefici: aumento dei livelli di HDL, diminuzione dei trigliceridi, miglioramento nel metabolismo glucidico, riduzione della circonferenza vita. Per questi motivi, sarà un farmaco elettivo per i pazienti obesi (BMI >30) e per quelli in sovrappeso (BMI >27) che mostrino già alcuni fattori di rischio cardiovascolare, come ipercolesterolemia, ipertensione, diabete (22).
Da tenere comunque presente che il farmaco ha tendenzialmente un effetto anoressizzante, che per uso protratto va scemando dopo la prima settimana (23), ma sembra non scomparire completamente.
È una molecola ben tollerata (24): la più comune reazione avversa registrata è stata la nausea (25). Ma va anche detto che il farmaco è stato avviato alla sperimentazione clinica solo da pochi anni e, poichè il trattamento dell’obesità deve continuare nel tempo (spesso per anni), gli effetti di un uso prolungato non sono ancora noti. Altri possibili effetti collaterali potrebbero dipendere dall’interazione del farmaco con le altre funzioni regolate dal sistema endocannabinoide, rischiando così di determinare depressione ed ansia (26), per questo va somministrato con estrema cautela nei pazienti obesi affetti anche da problemi di depressione.
Conclusioni
Bene. Tutto chiaro e lineare, finora. Abbiamo capito come funziona il sistema, come viene attivato e come sarà possibile disattivarlo in un futuro ormai prossimo. Abbiamo scoperto la molecola che promette di liberarci da tutti i peccati capitali. C’è però un grosso “MA” che vi ho tenuto nascosto e che riguarda gli atleti in modo particolare (accidenti, proprio ora che ne stavamo venendo a capo!): il sistema è sì iperattivato e “sedato” nelle modalità di cui sopra, MA viene contemporaneamente stimolato anche… dall’esercizio fisico! MA questa è un’altra storia, che vi racconterò la prossima volta.
BIBLIOGRAFIA
1. Abel EL, Marijuana: the first twelve thousand years, Plemum Press, New York, New York, USA, 289, 1980.
2. Cannon CP, The endocannabinoid system: a new approach to control cardiovascular disease, Clin Cornerstone, 7 (2-3), 17-26, 2005.
3. Pagotto U et al, The emerging role of the endocannabinoid system in endocrine regulation and energy balance, Endocr Rev, 27 (1), 73-100, 2006.
4. Howlett AC et al, International Union of Pharmacology. XXVII. Classification of cannabinoid receptors, Pharmacol, 54 (2), 161-202, 2002.
5. Cota D et al, The endogenous cannabinoid system affects energy balance via central orexigenic drive and peripheral lipogenesis, J Clin Invest, 112 (3), 423-431, 2003.
6. Walker JM et al, Pain modulation by release of the endogenous cannabinoid anandamide, Proc Natl Acad Sci, USA, 96 (21), 12198-12203, 1999.
7. Marsicano G et al, The endogenous cannabinoid system controls extinction of aversive memories, Nature, 418 (6897), 530-534, 2002.
8. Di Marzo V et al, Leptin-regulated endocannabinoids are involved in maintaining food intake, Nature, 410 (6830), 822-825, 2001.
9. Ledent, C. et al, Unresponsiveness to cannabinoids and reduced addictive effects of opiates in CB1 receptor knockout mice, Science, 283 (5400), 401-404, 1999.
10. Berry EM, Mechoulam R, Tetrahydrocannabinol and endocannabinoids in feeding and appetite, Pharmacol Ther, 95 (2), 185-190, 2002.
11. De Godoy-Matos AF, The endocannabinoid system: a new paradigm in the metabolic syndrome treatment, Arq Bras Endocrinol Metabol, 50 (2), 390-399, 2006.
12. Cota D et al, Endogenous cannabinoid system as a modulator of food intake, Int J Obes Relat Metab Disord, 27, 289-301, 2003.
13. Engeli S et al, Activation of the Peripheral Endocannabinoid System in Human Obesity, Diabetes, 54 (10), 2838-2843, 2005.
14. Pagotto U, Vicennati V, Pasquali R, The endocannabinoid system and the treatment of obesity, Rev Med Brux, 26 (4), S393-405, 2005.
15. Makoundou V, Golay A, New obesity and metabolic syndrome treatment: rimonabant, Rev Med Suisse, 2 (47), 41-45, 2006.
16. Ravinet TC, Delgorge C, Menet C, Arnone M, Soubrie P, CB1 cannabinoid receptor knockout in mice leads to leanness, resistance to diet-induced obesity and enhanced leptin sensitivity, Int J Obes Relat Metab Disord, 28 (4), 640-648, 2004.
17. Osei-Hyiaman D et al, Endocannabinoid activation at hepatic CB1 receptors stimulates fatty acid synthesis and contributes to diet-induced obesity, J Clin Invest, 115 (5), 1298-1305, 2005.
18. Piomelli D, The molecular logic of endocannabinoid signalling, Nat Rev Neurosci, 4 (11), 873-884, 2003.
19. Brown MS, Goldstein JL, Sterol regulatory element binding proteins (SREBPs): controllers of lipid synthesis and cellular uptake, Nutr Rev, 56 (2 Pt 2), S1-S3, 1998.
20. Lichtman AH, Cravatt BF, Food for thought: endocannabinoid modulation of lipogenesis, 115 (5), 1130-1133, 2005.
21. Ravinet TC et al, Anti-obesity effect of SR141716, a CB1 receptor antagonist, in diet-induced obese mice, Am J Physiol, 284 (2), R345-R353, 2003.
22. Tucci SA et al, Therapeutic potential of targeting the endocannabinoids: implications for the treatment of obesity, metabolic syndrome, drug abuse and smoking cessation, Curr Med Chem, 13 (22), 2669-2680, 2006.
23. Horvath TL, The unfolding cannabinoid story on energy homeostasis: central or peripheral site of action? Int J Obes (Lond), 30 (Suppl 1), S30-32, 2006.
24. Tonstad S, Rimonabant: a cannabinoid receptor blocker for the treatment of metabolic and cardiovascular risk factors, Nutr Metab Cardiovasc Dis, 16 (2), 156-162, 2006.
25. Gelfand EV, Cannon CP, Rimonabant: a cannabinoid receptor type 1 blocker for management of multiple cardiometabolic risk factors, J Am Coll Cardiol, 47 (10), 1919-1926, 2006.
26. Wadden TA et al, Randomized trial of lifestyle modification and pharmacotherapy for obesity, N Engl J Med, 353 (20), 2111-2120, 2005.