Nell’ambito della XVI edizione della manifestazione sportiva nazionale “The best”, organizzata dal Csen (Centro Sportivo Educativo Nazionale, ente di promozione sportiva riconosciuto dal CONI), sabato 23 novembre si è svolto a Soverato presso l’hotel Nocchiero uno stage su alimentazione e salute. Relatori il dr Giuseppe Musolino (specialista in Nutrizione dello sport), la dr.ssa Despina Zoura (specialista in Scienze Motorie) e Alessandro Galli (due volte vincitore dell’Arnold Schwarzenegger Classic).
Questione focale dell’incontro è stata l’osservazione di come l’alimentazione abbia prima contribuito all’evoluzione dell’uomo e poi sia cambiata nel tempo dando luogo all’attuale esplosione di obesità, diabete e patologie metaboliche.
Si riporta l’intervento del dr Musolino.
La dieta di quello che possiamo considerare il nostro progenitore più lontano era strettamente vegetariana, caratterizzata da una continua assunzione di cibo vegetale: pasti con un discreto contenuto di zuccheri (frutti maturi e foglie tenere), frequenti nell’arco della giornata.
L’habitat era quello delle foreste dell’Africa equatoriale, in cui la vita si svolgeva in una costante mobilità arborea, grazie alla quale tutti quegli zuccheri assunti erano utilizzati immediatamente, senza dunque possibilità di ingrassare. Ciò ha dato origine a un soggetto ben responsivo all’assunzione di carboidrati.
Quando poi l’uomo ha abbandonato l’Africa natia, ha lasciato le foreste avventurandosi per la savana. Di conseguenza è venuta a mancargli la continua assunzione di cibo vegetale e l’alimentazione si è modificata verso il carnivorismo prendendo nuovi ritmi: non più zuccheri frequenti durante la giornata, ma pasti rari e abbondanti a base di carne alternati a periodi più o meno lunghi di digiuno. Ciò ha comportato che lo zucchero non provenisse tanto dalla dieta, quanto da processi di trasformazione a partire dalle proteine, e per questo iniziasse a passare nel sangue più lentamente. E quel poco che arrivava serviva per il cervello, fondamentale per le attività di caccia (appostamenti, inseguimenti, competizione con gli altri predatori).
Così il soggetto prima ben tollerante i carboidrati è diventato sempre più insulino-resistente, il che significa che a livello muscolare ha iniziato a utilizzare in maniera poco efficiente gli zuccheri. In questo modo l’evoluzione ha finito per selezionare un individuo capace di indirizzare il glucosio non solo verso i muscoli ma anche verso il grasso.
Fintanto che i carboidrati nella dieta sono stati scarsi come nel paleolitico, tutto è andato per il verso giusto. Ma nel momento in cui gli zuccheri sono arrivati in maniera prepotente nella nostra alimentazione, ossia in tempi relativamente recenti, il risultato dell’impatto con il nostro metabolismo è stato catastrofico.
È evidente come oggi mangiamo troppo rispetto al nostro fabbisogno, non solo nel senso della quantità ma soprattutto della frequenza. È come se vivessimo in un costante stato post-prandiale, con un intervallo tra i pasti è spesso cortissimo. Una sorta di “infiammazione nutrizionale” che finisce per determinare stress ossidativo e conseguente risposta infiammatoria che ci espone a maggior rischio di aterosclerosi.
Pertanto, da un lato il nostro passato alimentare ha rappresentato un grande vantaggio evolutivo poiché ha consentito al cervello di svilupparsi e a noi di essere quello che oggi siamo, ma dall’altro è stato uno svantaggio metabolico perché ci ha esposto all’attuale esplosione di obesità e patologie metaboliche.
Negli ultimi tempi questo ragionamento ha spinto alcuni a proporre un ritorno alle abitudini alimentari del paleolitico per cercare di ritrovare lo stato di salute perso, criminalizzando alimenti “moderni” come i cereali. Il punto è che una simile proposta è inattuabile per una moltitudine di motivi, non ultimo una vera e propria dipendenza biochimica dagli stessi cereali. Qualunque modello dietetico che preveda una loro esclusione per lunghi periodi è destinato a fallire se proposto a un popolo come quello mediterraneo che per migliaia di anni ha fatto un uso di pasta e pane talmente ampio da divenirne dipendente. Tornare indietro non è più possibile.
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