LA CADUTA DEGLI DEI

 

 

The dope show

Botox, filling, protesi, chirurgia plastica, liposuzione… È pazzesco quello che oggi possiamo fare al nostro corpo per apparire meglio nella vita di tutti i giorni, ma utilizzare i farmaci per lo stesso scopo, o peggio per fini sportivi, è biasimato dalla società. Così inizia "Bigger, stronger, faster", il docufilm di Mike Bell di cui parlammo già qui


Il film si chiede: si tratta di un imbroglio se tutti lo fanno? Lottatori, corridori, pugili, calciatori, pattinatori, ginnasti, ballerini, giocatori di carte, dama, scacchi… fino ai musicisti, agli studenti, ai medici, ai piloti aeronautici. Il ciclista americano Floyd Landis, che nel corso della sua carriera ha più volte avuto problemi col doping, dorme in una sorta di camera iperbarica per cercare di aumentare il proprio tasso di ematocrito. Il campione di golf Tiger Woods si sottopose ad un operazione di chirurgia laser agli occhi che gli consente oggi di avere una vista di 20/15. Anche questo dovrebbe essere considerato barare, eppure non lo è.


Negli Stati Uniti spopola l’Adderall. Un’amfetamina dagli effetti molto simili alla cocaina. C’è chi lo usa per ballare tutta la notte, e se si collassa è sufficiente dare la colpa alla Redbull. Gli studenti lo assumono per migliorare le performance nello studio, gli attori porno per migliorare il rendimento sessuale, i medici per star svegli durante i turni di notte, i piloti militari per migliorare concentrazione e aggressività verso il nemico. Famoso il caso di una pattuglia americana che nel 2002 in volo sull’Afganistan, sotto l’effetto delle go-pills (altro nome con cui è conosciuto l’Adderall), sparò per sbaglio a un gruppo di quattro loro colleghi, uccidendoli. E poi c’è chi lo utilizza anche per dimagrire, solo che dopo un po’ il corpo si ribella, insorge il rebound e si riprende a ingrassare. Ma a quel punto basta incriminare la dieta. Allora si aumentano le dosi, e la storia va a finire come già sapete.

 

Dunque, tutti in qualche modo barano. L’America in particolare patria del doping, è un paese che è stato creato sull’imbroglio, sul sotterfugio, sul cheating. Basti pensare alla schiavitù, all’alcol e al tabacco, che hanno garantito la quasi totalità degli introiti nazionali agli albori della società americana (non deve essere poi un caso che il termine doping derivi dall’inglese dope, che in origine indicava una pozione bevuta dagli schiavi americani per rimanere attivi e lavorare). Ma il doping non lo si accetta.


 

Ben fatto

Estate 1988. Tutto cominciò allora. In realtà cominciò prima, molto prima. Basti pensare che già nel 1960 Paul Niehans utilizzava iniezioni di cellule testicolari nell’intento di aumentare i livelli di testosterone. Alcuni tra i suoi pazienti più famosi includevano Papa Pio XII e Aristotele Onassis (1). Tutto ebbe inizio molto prima, dunque, ma quel giorno dell’estate del 1988 fu come se ci avessero rapito, stuprato e abbandonato in un fosso. Dovremmo commemorarlo ogni anno, quel giorno. Ma andiamo per ordine. Due giorni prima di quella data, un evento stava per segnare l’universo dello sport in maniera indelebile. Tutti gli occhi del mondo erano puntati su di lui. Una macchia nera in corsia sei. Allo sparo la macchia schizzò dai blocchi. Pochi secondi dopo era già avanti di chilometri. La macchia si voltò, sorrise, salutò, si fermò a prendere caffé, giornali e sigarette, e ripartì. Noveesettantanove. Nuovo record del mondo. Un proiettile. Qualche settimana dopo arrivarono gli altri. Accadde però che a qualcuno tutto ciò non piacque. Doveva vincere un altro. “Quella macchia va pulita”, ordinarono. Così la controllarono, la trovarono troppo macchiata come la volevano e due giorni dopo la eliminarono. Per sempre. Fine della corsa, scendere tutti: restano solo donne, vecchi e bambini. Vogliamo gente “pulita”, immacolata. 

 

 

 

Quella di Ben Johnson è una delle storie più malinconiche dello sport moderno. Divenne il capro espiatorio dei peccati del mondo. L’agnello di Dio. Lo spolparono e poi ne gettarono via le ossa. Al termine della squalifica tentò il ritorno, ma qualche anno più tardi venne nuovamente trovato positivo e quindi radiato a vita dalla IAAF. In seguito ammise di aver utilizzato sostanze dopanti anche quando ottenne il record mondiale nel 1987, per cui la IAFF cancellò dagli annali pure quella prestazione. 

Ben pagò per tutti. Da quel momento passò a barcamenarsi tra le attività più improbabili. Prima provò ad allenare qualche squadra di calcio, poi fece il preparatore atletico per personaggi come Diego Armando Maradona e il figlio di Gheddafi, poi lanciò una linea di abiti sportivi mai decollata,  poi corse i cento metri contro un cavallo…

In merito ai fatti di Seoul, inizialmente sostenne che qualcuno avesse riversato steroidi nella sua bevanda. Poi ammise di aver preso qualcosa, ma non ciò per cui venne testato: cioè dichiarò di essere stato trovato positivo per lo stanozololo, ma di aver invece assunto il Winstrol (sospendendolo però sei settimane prima, per cui si riteneva pulito). Ed in effetti è vero, solo che i due… sono la stessa cosa! Ancora oggi si batte per dimostrare la tesi del complotto. Quando gli si dice che abbia barato, la sua risposta è che “senza steroidi non è umanamente possibile raggiungere certi risultati, nessun atleta potrebbe sopravvivere a quei ritmi di allenamento”. Così facevano tutti gli altri: “I cheat, you cheat, everybody cheat”.

In-fatti…

 

 

Gli altri fatti

A metà degli anni Ottanta, i controlli venivano annunciati con un buon margine di anticipo e solo l’un per cento degli atleti veniva trovato positivo. Quando però negli stessi anni vennero fatte delle analisi senza preavviso, ma con la garanzia che non ci sarebbero state ripercussioni, né sportive né amministrative né penali, un atleta su due risultò positivo (2)! Il dr. Wade Exum, direttore dell’antidoping per oltre dieci anni, conserva i registri di quegli anni di attività. Da quei documenti emerge che in quegli anni oltre 2000 atleti americani furono trovati positivi al controllo antidoping, ma venne loro ugualmente consentito di competere. 

Tra quei nomi c’è anche quello di un campione che nel 1988, due mesi prima dell’episodio di Seoul, in occasione dei trial di qualificazione per i 100 metri proprio per quelle olimpiadi, venne trovato positivo all’efedrina e a diversi tipi di anfetamine. Droghe che fanno una differenza significativa quando si tratta di velocisti separati soltanto da decimi di secondo. Il nome di quell’atleta è Carl Lewis. Il quale, quindi, a Seoul non avrebbe proprio dovuto esserci. 

Ma successe una cosa senza precedenti. Il Comitato olimpico si inventò l’alibi del cosiddetto “uso involontario”, ossia un atleta ha utilizzato il farmaco inconsapevolmente, senza l’intenzione di acquisire un vantaggio. Come dire: “Ops… sono scivolato su una siringa!” Così, con la squalifica di Ben Johnson, Lewis divenne vincitore della gara di Seoul, mentre il secondo posto divenne di Linford Christie e il terzo di Calvin Smith. Tutti questi atleti furono in seguito trovati positivi a sostanze dopanti in un momento della loro carriera. Di loro, però, solamente Johnson fu costretto a rinunciare ai suoi record e alle sue medaglie. Da allora, l’“uso involontario” è tirato in ballo ogni volta che un atleta risulta positivo all’antidoping.

 

Giochi truccati

Si dice che Ben Johnson sia stato beccato perché riceveva consigli da “un branco di imbecilli” (3). Chi ci sa fare, non viene preso. Ci sono esperti che sanno tutto su come eludere qualsiasi analisi. Innanzitutto, molti steroidi non sono riscontrabili se smessi con un certo margine di tempo (anche 5-10 giorni) dalle analisi. Altri possono essere mascherati da ulteriori farmaci, oppure si può puntare sulla loro escrezione attraverso dei diuretici o ancora possono essere diluiti dal contemporaneo uso di semplici soluzioni fisiologiche (a qualcuno viene in mente qualche calciatore attaccato ad una flebo…?). 

Il testosterone e altri anabolizzanti per anni non sono stati testati in competizioni come il nostro campionato di calcio. Per il Gh non esistono ancora test validi. E per aggirare l’ostacolo antidoping, ci si è anche buttati sull’utilizzo degli steroidi veterinari, spesso non compresi nei test. E poi c'è il doping genetico... In tutti i modi un bravo biochimico potrebbe anche sapere come modificare la struttura molecolare di uno steroide, in modo da renderlo irriconoscibile al computer che effettua il test. In alcuni casi basta bere qualche litro di acqua in più durante la giornata del test perché le urine risultino più diluite e il controllo possa essere superato. Maradona si drogava dalla domenica sera al mercoledì, per risultare negativo all’antidoping (4). Poi per sicurezza, quando sorteggiato, faceva il test con un accappatoio nella cui cintura era inserita una pompetta carica di urina pulita. Il giorno in cui lo vollero far fuori, quell’accappatoio non fu disponibile (anche perché pare che lui avesse assicurato a Moggi di essere “a posto”, cioè di avere assunto cocaina come al solito fino al mercoledì).

Get off from clouds, please.

 

 


 

BIBLIOGRAFIA

 

1. Freeman ER, Bloom DA, McGuire EJ. A brief history of testosterone. J Urol 2001;165(2): 371–3.

 

2. Dotson JL, Brown RT, The History of the Development of Anabolic-Androgenic Steroids, Pediatr Clin N Am, 54 (2007), 761–769.

 

3. Colgan M, In: Optimum sport nutrition, Advanced Research Press, 1993.

 

4. Dichiarazioni di Luciano Moggi tratte dal dvd “Sette anni nel Napoli”.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Commenti: 3
  • #1

    Moreno (lunedì, 06 agosto 2012 03:08)

    Bellissimo, crudo e struggente articolo. Complimenti sinceri e grandi !

  • #2

    Rico (martedì, 27 agosto 2013 15:12)

    Ben Johnson era stato trovato positivo non al Winstrol (Stanozolol) ma al (Miotolan) Furazabol una molecola derivata dal Winstrol ma leggermente differente, alla quale Ben Johnson, sotto la guida di Charlie Francis (al tempo uno dei piu' rinomati e rispettati preparatori e allenatori di atletica del mondo), abbinava anche il Dianabol( Methandienone),e un programma di allenamento coi pesi ibrido misto di weightlifting, powerlifting e bodybuilding con dei carichi e un'intensità da far impallidire gli altri atleti, e' vero che passo' da capro espiatorio, e' anche vero che su di lui (grazie anche alla sua genetica fenomenale) gli effetti del doping erano stati tremendamente efficaci ed erano sin troppo visibili...masse muscolari enormi (per uno sprinter si intende),fare spavaldo, aggressività e tono di voce alterato, addirittura si ipotizzo' che parte dei sospetti prese piede anche osservando alla partenza i suoi occhi gialli (possibile ittero - danni al fegato - abuso di steroidi orali c17 alfa alchilati), comunque non era l'unico, e comunque si sa gli americani quando trovano qualcuno che gli fa il dispetto devono fargliela pagare in qualche modo...

  • #3

    Giuseppe Musolino (martedì, 27 agosto 2013 16:28)

    Inizialmente Charlie Francis ha dichiarato che Johnson aveva assunto Furazabol, ma non Winstrol. Questo perché al tempo il Miotolan non era inserito nella lista delle sostanze proibite dal CIO. In seguito lo stesso Francis ha rettificato che credeva di aver dato del Furazabol che invece era Stanozololo (Winstrol). Il suo medico, Jamie Astaphan, sostiene invece che il campione di urina fu sabotato… Difficile scoprire la verità. Ma questi sono dettagli. Vero è quello che dici, ossia che Ben era il personaggio giusto da inchiodare.