La drunkorexia di Jane e Jude

 

 

 

Le storie che seguono sono la dimostrazione di come un disturbo del comportamento alimentare quasi mai rimanga isolato, ma vada a legarsi intimamente con altri. E documentano anche come la drunkorexia non sia un fenomeno circoscritto al solo mondo adolescenziale.

 

 

Jane’s addiction

Jane, 27enne dell’Ohio, come Jude ha combattuto prima con l’anoressia e poi con l’alcol. Da anoressica, più di una volta era arrivata a perdere i sensi per la mancanza di cibo. “Non avevo neppure l’energia per ridere”, ricorda. L’alcol, infatti, può causare ipoglicemia (viene inibita la neoglucogenesi), interferendo con l’abilità del fegato di rifornire di zuccheri i tessuti (specialmente il cervello) e determinando così una condizione di costante debolezza.

 

Jane si affamava durante i turni di lavoro, guardando con ansia l’orologio per controllare quanto mancasse a potersi fare il primo drink. Bere la rilassava quando doveva mangiare di fronte ad altre persone, enorme fonte per lei di stress e di vergogna. Finché anche lei ha smesso di mangiare e l’alcol è diventato l’unica fonte alimentare. “L‘alcol è probabilmente quello che mi ha permesso di mantenere un po’ di peso”, ha affermato in un’intervista.

 

Oggi ha concluso il trattamento e ce la fa di nuovo a sorridere: “Non vivrò la mia vita in questo modo. Questa volta ho imparato a non vergognarmi. Voglio amarmi e perdonarmi”. 

 

 

 

Hey Jude

Il New York Times poche settimane fa ha riportato l’esperienza di Jude, 36enne del New Jersey. Dopo un periodo anoressico, è scattato il rebound ed è diventata bulimica. Da bulimica riusciva a divorare quantità abnormi di cibo, per poi vomitare tutto. Era arrivata a spendere fino a 80 dollari al giorno. Agli attacchi bulimici, rispondeva imbottendosi di lassativi oppure praticando ore di intensa attività fisica, debilitandosi sempre più. Finché è stata ricoverata.

 

Nel 2001 sembrava guarita dalla bulimia, ma poco tempo dopo ha cominciato a fare uso di alcol. All’inizio, non voleva toccare bevande alcoliche perché ricche in calorie, ma poi ha ceduto perché bevendo riusciva a non ingozzarsi di cibo e perché voleva rimanere ubriaca. Dopo però ha prevalso il timore di ingrassare troppo e allora ha smesso di mangiare.

 

Ha passato due anni in questo modo, dopodiché è stata ancora ricoverata per disidratazione acuta (l’etanolo ha un effetto diuretico). Ha così cominciato un altro programma di riabilitazione che le è costato 25mila dollari (non aveva l’assicurazione sulla salute… Michael Moore docet).

 

Ora è sobria da tre anni ma, poiché nessuno dei programmi riabilitativi dall’alcolismo comprendeva il trattamento del disturbo alimentare, è risubentrata la bulimia, con la quale sta ancora lottando.

 

Oggi ha una bambina: “Ora ho una scusa per mangiare”. Dice di aver avuto la malattia del “di più: voleva “di più”, qualunque cosa fosse, e ancora oggi confessa che la tentazione del “binge & purging la perseguita ancora.  

 

 

 

 

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