Anorexic Boot Camp Diet

(ABC diet)

 

 

Loving them to death

Negli anni 80, in America, un tale di nome Steve Cartisano ebbe l’idea di realizzare un programma di riabilitazione per gli adolescenti disadattati, chiamandolo Boot Camp.

 

Si trattava di un metodo particolarmente rigido, pensato di concerto con le famiglie per quei minori ad un passo dall’essere arrestati.

 

Da un giorno all’altro, i ragazzi venivano letteralmente prelevati dal proprio letto e deportati in dei campi di correzione, dove erano sottoposti a ogni genere di angheria: perquisizioni, tagli di capelli in stile militare, percosse, intimidazioni, deprivazioni, fame, abusi emozionali. 

L’obiettivo era quello di intimidirli attraverso la sopravvivenza all’aperto e rigide regole su stampo marziale, con punizioni esemplari per chiunque non le rispettasse. C’era un codice militare da osservare anche nel linguaggio. Tutti dovevano rispondere con “Yes, sir!”.

 

Una ragazza che si giustificò con “I’m sorry” invece che con “I apologize” per punizione fu costretta a trasportare nel suo zaino un grosso carico di sterco bovino per tutta la giornata. Quando un altro ragazzino tentò di fuggire, Cartisano prese uno dei suoi elicotteri, lo trovò e lo malmenò fino a lasciarlo esanime.

Nonostante il costo elevato (circa 15000 dollari per un corso di 63 giorni), molte famiglie furono soddisfatte del sistema e nel giro di breve tempo Cartisano si arricchì (si dice che solo nel primo anno di attività il programma gli abbia fruttato oltre tre milioni di dollari), cogliendo la palla al balzo per avviare altri Boot Camp in USA e nel resto del mondo.

 

Ma presto qualcosa andò storto.

 

 

 

Michelle

Michelle Sutton aveva 15 anni quando si arruolò. Lo aveva fatto volontariamente per riconquistare la stima di sé dopo aver subito uno stupro. Al suo quarto giorno di programma Michelle collassò durante la scalata di una montagna, cadendo e sbattendo la testa. Le radiotrasmittenti non erano sufficientemente potenti per trasmettere il segnale di emergenza dal punto in cui avvenne l’incidente e allora il gruppo fu costretto a lanciare segnali di fumo. 

 

Ci vollero 18 ore prima che un aereo sorvolante la zona si accorgesse di loro. Nel frattempo, Michelle spirò e giacque morta a terra per tutto quel tempo.

L’autopsia rivelò che la causa del decesso fu un avanzato stato di disidratazione, che probabilmente le fece perdere coscienza. Gli altri del gruppo testimoniarono infatti che la ragazza aveva vomitato la maggior parte dell’acqua che cercava di bere, lamentandosi di non riuscire ad andare avanti. Ma le guardie le avevano intimato di proseguire altrimenti sarebbe stata punita.

 

Una serie di denunce si abbatté sui Boot Camp, che furono chiusi e Cartisano fu costretto alla bancarotta con oltre un milione di dollari di debiti. Ma lui non demorse e di lì a poco ne aprì di nuovi in altri posti, tutti senza licenze e con altre scie di debiti e genitori arrabbiati.

 

Purtroppo, la morte di Michelle fu solo la prima.

 

 

 

Morte nel deserto

L’1 marzo 1994, alle sei del mattino, Aaron Bacon fu svegliato dal passeggiare nervoso del padre. Aprì gli occhi e si trovò di fronte due tipi vestiti da militari. Uno dei due lo afferrò per un braccio e gli disse in tono intimidatorio: “Tu ora vieni con me. Se opporrai resistenza, darò per scontato che tu stia tentando di scappare, e allora io sarò costretto a prendere l’azione appropriata. Sono stato chiaro?”.

 

Aaron non ebbe nemmeno il tempo di realizzare cosa stesse accadendo che fu subito portato fuori da casa a piedi nudi. La madre cercò di abbracciarlo, e cercando di non piangere gli prese il viso terrorizzato tra le mani dicendogli: “Ti voglio bene. Non voglio che tu abbia paura. Credimi, questo è ciò che è meglio per te”. 

I due che lo tenevano per le braccia lo trascinarono fuori e lo scaraventarono in un furgone che lo trasportò all’aeroporto. Sceso dall’aereo, ebbe subito modo di rendersi conto dell’inferno nel quale si trovava. 

 

Nel bel mezzo della notte, fu portato nel deserto insieme ad altri ragazzi per iniziare una marcia di 800 km (ottocento chilometri, avete capito bene). In seguito, fu inviato col gruppo nel labirinto di un canyon per un’esercitazione di tre settimane.

 

Per i primi due giorni i ragazzi non toccarono cibo, “per ripulire il corpo dalle tossine” dissero gli istruttori. Aaron iniziò subito a manifestare un progressivo senso di debolezza, e a un certo punto scivolò e cadde sbattendo il mento sulle rocce. Quattro giorni più tardi decise allora di abbandonare, ma poiché aveva terminato le sue razioni alimentari, fu costretto a fare il viaggio di ritorno a piedi senza cibo. Rientrato alla base,seguirono altri giorni di privazione alimentare e di punizioni.

Il diario di Aaron finisce il 22 marzo, con queste parole: “Le mie mani, le mie labbra, la mia faccia sono morte”. Ma i suoi travagli continuarono.

 

Alcuni amici testimoniarono che di nuovo non riuscì a completare un percorso e allora fu costretto a stare da solo, senza cibo né coperte per tre giorni su un’altura di oltre 2000 metri, dove di notte la temperatura scendeva a oltre -5°.

Al ritorno, i compagni ritrovarono Aaron e il suo bagaglio, ma lui era troppo debole per trasportarlo, per cui gli amici, già esausti, furono costretti a sobbarcarsi anche quel carico. Poi, a un miglio dal campo cadde di nuovo senza riuscire ad alzarsi, e i compagni dovettero caricarsi anche lui. Mentre lo trasportavano, vomitò addosso al ragazzo che lo conduceva sulle spalle, delirando di vedere le stelle e il cielo viola. Quella notte si lamentò ancora di essere seriamente malato, ma quelli dello staff lo chiamarono impostore e gli ordinarono di andare a prendere della legna. La mattina seguente, un sorvegliante lo prese dal petto e lo portò a pulire le latrine.

Due giorni dopo, Aaron morì. Peritonite acuta derivante da un’ulcera perforata, dissero dopo l’autopsia. Ma quando i genitori poterono vedere il suo corpo, si resero conto che le cose dovevano essere andate ben diversamente.

 

“Dopo la morte di Aaron”, disse la madre Sally, “tutto quello che volevo era ottenere il suo corpo indietro. Volevo stringerlo a me e salutarlo un’ultima volta. Volevo la possibilità di chiedergli scusa”.

 

Ma con l’arrivo delle sue spoglie nell’obitorio di Phoenix, il senso di colpa lasciò il posto alla rabbia. Rimuovendo il lenzuolo dal corpo di Aaron, Sally ebbe modo di vedere il cadavere di suo figlio, e cadde in ginocchio urlando istericamente.

“Capimmo che doveva aver subito qualcosa di orribile”, dichiarò il padre.

 

“Le sue gambe erano come due stuzzicadenti. Sembrava una vittima uscita da un campo di concentramento. C’erano lividi dalla punta dei piedi alla sommità del capo, piaghe aperte su e giù per l’interno delle cosce. L’unico modo in cui siamo stati in grado di riconoscerlo era una cicatrice d’infanzia sopra l’occhio destro.”

 

Aaron morì il 31 marzo 1994. Aveva 16 anni. Nel 2010 è stato girato un film sulla sua storia.

 

 

 

Boot Camp, il campo del terrore

Anni dopo venne fuori la verità sui Boot Camp: oltre 650 casi di abusi su minori erano stati commessi fino al 1994 e ben 74 morti erano avvenute a partire dal 1980. 

 

Non si sa se le famiglie fossero davvero a conoscenza di come questi programmi venissero portati avanti, anzi è probabile che ne fossero all’oscuro. Un ragazzo, in seguito, dichiarò infatti: “I miei genitori non hanno idea di come andavano realmente le cose lì, perché non voglio che si sentano in colpa per avermici inviato. 

Nella loro mente è stata una gran cosa, e io manterrò questa loro idea. Ma non ho mai detto tutto. Ci sono stati molti sorveglianti che avevano intenzioni meravigliose e un buon cuore, ma altri erano semplicemente entusiasti di sfogare su di noi il proprio sadismo”. 

 

Nel 2007 fu realizzato un film anche sui Boot Camp, in cui si descrive il campo come un carcere, con direttore e guardie corrotte, coi genitori che credono si tratti di un addestramento all’avanguardia in un incantevole ambiente naturale, mentre alla fine si rivela essere una vera e propria prigione in cui i propri figli venivano seviziati e sottoposti a lavaggio del cervello.

 

 

 

Siamo uomini o caporali?

Ora, uscire da questa narrazione e immergersi in quello che in fin dei conti dovrebbe rappresentare il tema principale dell’articolo, non è sicuramente facile. Per di più, prima di addentrarci nella questione dietetica occorre ancora un’altra tappa, che per il suo contenuto rende il passaggio ulteriormente meno semplice: oggi il Boot Camp è finito… in palestra! 

Signorsìsissignore. Là, dove non bastavano già pilates, bodypump, lifepump, capoeira, caipirinha, caipiroska e capicazz. 

 

"Assomiglia a un addestramento militare, stile marines". Dicono. Gli istruttori vengono a loro volta allenati da ex militari dell’esercito, checché. Poi leggi e ti rendi conto che si tratta del solito programmino tutto marcia, step e saltelli. Con la differenza che qua ti vesti da militare e strisci a terra come un crotalo.

 

Però a ritmo di musica, checché.

È il Boot Camp training

 

Si corre, ci si arrampica, si cammina a passo rapido con un compagno sulle spalle. Un paio di circuiti, due superserie, tre piegamenti e via, Rambo è servito.

 

“Pochi fronzoli e molto sudore”, dicono. Perché noi siamo dei duri, checché. Costretti dalle alterne vicende della vita ad un mesto rituale negli uffici più lugubri, ma pur sempre dei duri. Rambo col cartellino. 

 

Negli USA ha ottenuto nientepopodimenoche l’approvazione dei vip, che lo praticano col loro personal trainer. E figurarsi se dagli States non arrivava nella Repubblica delle banane.

 

Mimetica, anfibi, bandana, bussola, coltellino e cellulare (sai com’è, dovessi perdermi nella giungla di Abbiategrasso posso sempre chiamare papà). Ci sono dei ragazzi morti dietro i vostri trastulli, documentatevi prima di giocare alla guerra. Checche.

 

 

 

Ana Boot Camp diet

E sempre sulla scia dei Boot Camp, ecco dunque arrivare l’Anorexic Boot Camp diet (ABC diet o più semplicemente ABCD). Si tratta di uno schema dietetico basato su un esiguo apporto di calorie.

 

Ma “esiguo” è un eufemismo, non rende bene l’idea: le calorie sono ben al di sotto di quello che potrebbe essere considerato il regime più ipocalorico. È una sorta di digiuno virtuale ispirato al succitato stile di vita dei Boot Camp, da cui i ragazzi uscivano pelle e ossa. Quale miglior stimolo per persone malate di anoressia?

 

L’intero percorso prevede 50 giorni oscillanti tra il digiuno e le 500 calorie (solo un giorno prevede 800 kcal). Talmente impervio che molte riferiscono di non riuscire a proseguire oltre il 10°-12° giorno. 

 

ABC DIET

 1: 500 calorie (o meno)

26: 50 calorie

 2: 500 calorie (o meno)

27: 100 calorie

 3: 300 calorie

28: 200 calorie

 4: 400 calorie

29: 200 calorie

 5: 100 calorie

30: 300 calorie

 6: 200 calorie

31: 800 calorie

 7: 300 calorie

32: digiuno

 8: 400 calorie

33: 250 calorie

 9: 500 calorie

34: 350 calorie

10: digiuno

35: 450 calorie

11: 150 calorie

36: digiuno

12: 200 calorie

37: 500 calorie

13: 400 calorie

38: 450 calorie

14: 350 calorie

39: 400 calorie

15: 250 calorie

40: 350 calorie

16: 200 calorie

41: 300 calorie

17: digiuno

42: 250 calorie

18: 200 calorie

43: 200 calorie

19: 100 calorie

44: 200 calorie

20: digiuno

45: 250 calorie

21: 300 calorie

46: 200 calorie

22: 250 calorie

47: 300 calorie

23: 200 calorie

48: 200 calorie

24: 150 calorie

49: 150 calorie

25: 100 calorie

50: digiuno

 

La teoria alla base è che, variando quotidianamente il numero di calorie, si riesca a ingannare il corpo, il quale interpreterebbe i giorni di “ricarica” come giorni di compenso a quelli con 100 o 200 calorie. In questo modo si accelererebbe il metabolismo e si preverrebbe lo stallo, riuscendo a ottenere un dimagrimento costante ed estremo.

 

Il concetto è corretto, la dieta “a sbalzi” è un approccio ormai rodato. Quello che ha dell’irrazionale è pensare che il corpo interpreterebbe i giorni di 400 o 500 calorie come giorni di ricarica. Tutti i giorni in questo tipo di dieta sono giorni da fame. Ma qui stiamo parlando di soggetti ammalati, per i quali il livello calorico non è mai troppo basso. 

Non solo, paradossalmente accadrà anche un altro fatto. Dopo giorni di semidigiuno, le anoressiche croniche, che alla base della loro patologia hanno una forte distorsione dell’immagine corporea (a)percepiranno di riprendere peso anche nelle tappe con sole 400-500 calorie (figurarsi in quella da 800), sentendosi “enormi” nonostante tutte i distretti (adiposi e muscolari) e i volumi corporei siano drasticamente diminuiti (b, c, d). Ragion per cui saranno progressivamente portate ad evitare anche quei pochi giorni con calorie un po’ più alte.

 

Se l’ABC diet produrrà un dimagrimento, lo farà non attraverso un misterioso cambiamento metabolico, ma per la semplice mancanza di cibo, con l’ovvio rischio dei pericolosissimi effetti collaterali del digiuno a lungo termine.

 

 

2468

Il concetto alla base dell’ABC diet potrebbe a sua volta provenire da un’altra teoria, la cosiddetta 2468 diet, promossa nelle comunità anoressiche come metodo efficace per la perdita di peso. Si tratta di un percorso ciclico di quattro giorni da ripetere n volte, in cui la cifra 2468 è un monogramma indicante il numero di calorie da assumere nei singoli giorni:

 
  • giorno 1: 200 calorie
  • giorno 2: 400 calorie
  • giorno 3: 600 calorie
  • giorno 4: 800 calorie

Come per l’ABC diet, si pensa che il variare l’apporto calorico acceleri il metabolismo prevenendo il plateau. Le regole sono molto semplici, non ci sono alimenti, bevande o regole speciali da seguire se non quella di rispettare il numero di calorie prescritto.

 

E anche qui, diverse anoressiche riferiscono di sentirsi piene già arrivate al giorno con 400 calorie, tanto da dover ricorrere a fonti in forma liquida perché il cibo a quel punto è troppo riempiente. Anzi, negli stadi anoressici avanzati il paradosso è quello di ritenere particolarmente duri non tanto i giorni con basse calorie, quanto quelli con calorie più alte, che molte definiscono addirittura impossibili da portare a termine.

 

E a quel punto, la soluzione per loro rimane una sola.

 

 

Food will tear us apart

L’avevo detto, prima o poi vi fotto tutti e tutti a dire protestare vendicare giudicare che quelle centocalorie tracimavano dal piatto vuoto e allora presi a riempirlo di acqua tèverde aceto e limonata e ritalin corzen quomen reductil xenical zyban e sentivo lo stomaco creparsi come un vetro e mi piaceva quel rumore e per un po’ tutto sembrava più leggero, i vestiti le braccia la gente gli anniversari il cielo gli autobus e mi piaceva vedere quelle ossa del bacino sempre più sporgenti, quelle scapole fuori come ali e dita come artigli infilati in gola e braccia livide come il cielo delle otto, queste braccia ancora troppo grasse e pesanti, mia madre piange mia sorella piange mio padre ha sempre detto che prima o poi mi sarebbe passata e non avrei potuto reggere, lui dice “io ho smesso di fumare ce l’ho fatta sono forte io è tutta una questione di volontà” ti sarei piaciuta come un’oca all’ingrasso con le zampe bloccate come quando da bambina… prova a fermare questo ora, quanti culi hai leccato per diventare maresciallo? dodiciore di lavoro al giorno per pagare fotografi colombe e karaoke e poi finire in una casa che puzza di morte e di flanella e lasciarci marcire lì dentro mentre tu scomparivi giorni interi per poi tornare a pulirti la coscienza con una sveltina e riscappare di nuovo da quella lasciando mia madre coi fiori in mano vagare tra le altre tombe in cerca del mio nome.

 

 

 

BIBLIOGRAFIA

 

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b. Krahn DD, Rock C, Dechert RE, Nairn KK, Hasse SA, Changes in resting energy expenditure and body composition in anorexia nervosa patients during refeeding, J Am Diet Assoc, 93, 434–8, 1993.

 

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d. Kerruish KP, O’Connor J, Humphries IR, et al, Body composition in adolescents with anorexia nervosa, Am J Clin Nutr, 75, 31-7, 2002.

 

 

 

 

 

 

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